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Caos INVALSI – Cinque esperti al lavoro per i quiz ma c'รจ chi li vuole sfiduciare

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E’ sorprendente che la valutazione nazionale del sistema scolastico non si sia ancora cimentata con il paradosso della regola su cui ha meditato uno dei massimi filosofi del Novecento, Ludwig Wittgenstein. Ma per il momento mettiamolo pure da parte, perchรฉ c’รจ o ci sarebbe un altro paradosso all’ordine del giorno. Il ministro dell’Istruzione ha infatti nominato cinque esperti, chiamandoli a selezionare la rosa dei nomi tra i quali sceglierร  poi il futuro presidente dell’Invalsi, l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo, di istruzione e formazione, dal cui crescente peso si vogliono far discendere le linee di riforma della scuola italiana del XXI secolo. Ora, dove starebbe il paradosso? Non certo nella qualitร  dei commissari. Basta leggere i nomi: Tullio De Mauro, linguista, Giorgio Israel, matematico, Cristina Lavinio, studiosa di didattica della lingua, Clotilde Pontecorvo, psicologa dell’educazione, Benedetto Vertecchi, pedagogista. Il paradosso sta dunque altrove: sta nel fatto che i suddetti commissari non darebbero garanzie di completa e assoluta fiducia nella bontร  dei metodi e dei risultati finora prodotti dall’istituto. Bel guaio. Cosรฌ รจ spuntato fuori persino un accorato quanto autorevole appello, in cui si chiede al ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza di adoperarsi ยซaffinchรฉ la futura presidenza dell’Invalsi sappia proseguire e rafforzare le azioni finora intrapreseยป. Ovverossia affinchรฉ il ministro, per dirla piรน schiettamente, metta i cinque commissari in condizione di non nuocere. Con maggiore diplomazia, anche Piero Cipollone, che dell’ Invalsi รจ stato presidente dal 2007 al 2011, si รจ augurato che il giudizio dei commissari non pesi piรน di tanto: ยซTutto dipenderร  dalle candidature ha dichiarato al Corriere -. I valori oggettivi emergono sempre, qualunque sia la visione di chi deve decidereยป. Vale a dire: i cinque pensino pure tutto il male possibile dei test Invalsi, ma se nel mazzo ci sono le candidature giuste il loro furore ideologico non fermerร  certo l’Istituto. Ma perchรฉ ci sarebbe da temere per la ยซvisione di chi deve decidereยป, cioรจ dei cinque esperti? E perchรฉ si dovrebbe pensar male dei test Invalsi? E cosa propriamente sono, questi test? I test Invalsi sono strumenti standardizzati di valutazione dell’apprendimento degli studenti, cosรฌ come degli istituti scolastici del nostro Paese e, in ultima analisi, del sistema scolastico nel suo complesso. Ed รจ da12007, dal ยซquaderno bianco sulla scuolaยป predisposto insieme dal ministero dell’Economia e da quello della Pubblica istruzione, che il rafforzamento dei sistemi di valutazione viene posto al centro delle strategie perseguite al fine di migliorare la qualitร  della scuola italiana. Dunque: se i test son fatti male, รจ fatta male pure la valutazione, e se รจ fatta male la valutazione รจ facile che siano sbagliate pure le politiche conseguenti. Siccome, infine, la scuola รจ ยซil settore che farร  la differenza fra ripresa o stagnazioneยป cosรฌ si leggeva nel quaderno, e fa quasi tenerezza, visto che si era alla vigilia di una crisi mondiale si capisce perchรฉ l’attenzione portata al sistema Invalsi sia stata, fin da subito, assai grande. Ma da quando รจ stata nominata la commissione l’attenzione รจ cresciuta ancora di piรน. Qualche giorno fa Alesina e Giavazzi si sono chiesti sul Corriere perchรฉ siano state scelte persone le quali ยซritengono che questi test, sebbene normalmente utilizzati in molti altri Paesi, non siano di alcun aiuto nell’individuare eventuali situazioni patologiche, anzi siano dannosi perchรฉ figli di una deriva economicistica, quantitativa e irrispettosa delle non misurabili ricchezze spirituali degli individui e della complessitร  del lavoro di un docenteยป. I past-president dell’Istituto Piero Cipollone e Paolo Sestito provenivano dalle fila di Bankitalia: รจ facile immaginare che per loro non abbia neppure senso nutrire timori di ยซderive economicisticheยป, o ยซquantitativeยป. Ma per i cinque esperti evidentemente sรฌ, almeno secondo l’opinione di Alesina e Giavazzi. E si capisce che, nel loro giudizio, una ricchezza spirituale non misurabile รจ di per sรฉ sospetta: forse non รจ neppure una ricchezza. In ogni caso, se anche lo fosse sembra di capire simili ricchezze la scuola non se le puรฒ piรน permettere e non puรฒ piรน (o non รจ piรน in grado di) riconoscerle. Ora, ร  di lร  della vicenda quasi surreale dei cinque esperti (che in fin dei conti possono davvero poco: selezionare una rosa; sarร  poi il ministro a decidere), il punto รจ se si possa discutere dei metodi di valutazione adottati dall’Invalsi senza subire ostracismi di sorta, senza sentirsi accusati di voler affondare la scuola italiana, o di lasciare il paese nella piรน nera recessione, o di essere contrari ร  progresso, o di perdersi nelle nebbie di uno spiritualismo antiscientifico. La discussione, peraltro, non verte mica sulla necessitร  o meno di sottoporre a valutazione la scuola italiana: la questione รจ, piuttosto, quale tipo di valutazione. Se infatti non รจ chiaro che cosa propriamente misurino i test somministrati ai nostri ragazzi nelle scuole, se i test stessi non ricevono, a loro volta, una qualche validazione scientifica pubblica e condivisa, se altri paesi adottano differenti sistemi di valutazione, se saperi e tradizioni scientifiche e culturali non sono tutte, ad ogni latitudine e longitudine, allo stesso titolo riconducibili ad un unico metodo, beh: una discussione aperta e libera sulla strada da intraprendere sarebbe senz’altro salutare. E d’altra parte: non รจ forse vero che manca, a tutt’oggi, la dimostrazione che occorre procedere alla somministrazione di test di massa, per valutare le prestazioni del sistema scolastico, e non invece ad una somministrazione a campione, la quale consente comunque di formare un’immagine statistica del sistema ma evita di sovrapporre alle normali valutazioni del docente la crocetta del quiz ministeriale? E non manca anche la dimostrazione che, per esempio, un sistema articolato di ispezioni scolastiche sia meno efficace nel fornire elementi di valutazione al decisore politico? Neppure questo va infine dimenticato: che non puรฒ certo essere un organo meramente tecnico a decidere verso quali obiettivi orientare la scuola italiana. E a proposito di cose da ricordare, c’era sopra il paradosso di Wittgenstein: giova rammentarlo, sia pure all’ingrosso. Immaginiamo dunque di sottoporre a uno studente un certo numero di addizioni e che, nell’esecuzione, lo studente commetta qualche piccolo errore: diremo allora che non ha compreso la regola dell’addizione? Probabilmente no, se gli errori paiono casuali; probabilmente sรฌ, se gli errori ci appaiono invece sistematici. Ma c’รจ una procedura per distinguere l’errore sistematico dall’errore accidentale? No, purtroppo non c’รจ e non ci puรฒ essere. Si puรฒ allora escogitare un test che consenta di distinguere senza alcuna incertezza i due casi? No, non si puรฒ. Lo stesso numero o lo stesso tipo di errore puรฒ essere commesso dallo stesso studente per mera distrazione oppure per incomprensione della regola. Come sa chiunque abbia frequentato un’aula scolastica. Senza bisogno, insomma, di scomodare ricchezze spirituali non misurabili, a Wittgenstein (che era peraltro un logico squisito, non un discutibile cialtrone), risultava che persino nella valutazione di un test elementare come l’esecuzione di un certo numero di addizioni l’esperienza del docente non รจ surrogabile, e deve necessariamente intervenire per distinguere poniamo la superficiale disattenzione dalla ben piรน profonda incompetenza incapacitร  di comprendere (o come oggi si dice incompetenza). E invece, a proposito di surrogati, cosa si deve pensare del fatto che รจ ormai fiorita una bibliografia di titoli sui test Invalsi, che aiutano lo studente a superarli? Anche questo รจ un bel paradosso (se volete dargli un nome, chiamatelo pure I rischi Esorbitante il ruolo dell’Istituto nelle medie: ora si teme per l’esame di maturitร  paradosso del terzo libro): il test deve valutare l’apprendimento degli studenti, dunque quel che dovrebbe aiutare a superare i test รจ precis
amente (e solo) quel che si รจ appreso nello svolgimento del programma scolastico. E invece prende ormai forma una nuova materia di studio: il test stesso, per il quale ci sono nuovi libri di testo, e ore scolastiche che i docenti sottraggono all’ordinario lavoro d’aula per mettere gli allievi in condizione di affrontare la prova. Evidentemente qualcosa non va, se bisogna studiare l’italiano, poi la matematica, e poi i test: il terzo libro. Cosรฌ come non va, e pare decisamente esorbitante, il ruolo che i test svolgono nell’esame che conclude la scuola secondaria di primo grado (la scuola media). Perchรฉ lรฌ si รจ andati ben oltre la valutazione: li l’esito del test fa media ed entra nella votazione finale. E, chissร , stessa sorte potrebbe toccare un domani all’esame di Stato. E dunque: di materia per discutere ce n’รจ, eccome. Se allora c’รจ da temere che si imponga una visione ideologicamente viziata, รจ proprio quella di chi pretende di andare avanti senza discussione alcuna.

 

Massimo Adinolfi

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