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Il pessimismo di Verga di Biagio Lauritano

Il Pessimismo di Verga, un contenuto che va ad arricchire la nostra sezione dedicata alla didattica

Il contesto storico al momento della nascita di Verga è quello del Risorgimento che rimarrà un’eco nel cuore dello scrittore anche quando esso sfumerà nella dimensione del ricordo.

Infatti è attraverso i sentimenti patriottici del Risorgimento che Verga tenterà di definire la dimensione del suo scrivere la quale apparirà sempre più sensata quanto più essa si allontanerà paradossalmente da un marcato controllo dello scrittore; in altre parole i sentimenti di Verga non saranno più compatibili con il sentimentalismo languido e superficiale che finirà per costituire il periodo di piena attività dello scrittore spingendo perciò questi a compiere uno sforzo introspettivo che, se nel caso della Scapigliatura porterà alla protesta anticonformista, se nel caso di Carducci porterà alla idealizzazione mitica del passato, nel caso di Verga porterà alla definizione della dimensione romanzesca vissuta in senso realistico ovvero affidata alle disposizioni dell’animo dei protagonisti delle sue opere.

Sentimenti come l’amore sono presenti nei romanzi preveristi dello scrittore (“Una peccatrice, Storia di una capinera, Eva, Tigre reale, Eros”) allo scopo di non deludere le attese del pubblico borghese che vive la fase critica postrisorgimentale.

In questi romanzi Verga tenta di superare la dimensione dei sentimenti intesi come fonte di ispirazione dei personaggi in quanto capaci di soddisfare le azioni di questi ultimi approdando così ad una visione in cui l’io lirico riflette la realtà esterna in quanto esso sottintende la crisi di detti personaggi che ha poi conseguenze reali.

E in tal senso, a poco a poco, assistiamo al passaggio di Verga al verismo che avviene attraverso il progressivo esautoramento della figura del narratore onnisciente che, visto il periodo storico, non ha più il ruolo-guida della coscienza dei personaggi delle opere letterarie.

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La dimensione sentimentale si allontana sempre di più dalla natura e dalla storia, come già era avvenuto con la crisi del Rinascimento, arrivando a scontrarsi con esse come nel caso di Leopardi, fiero di opporre alla dimensione spazio-temporale il suo titanismo. Nei Malavoglia gli avvenimenti storici sono espressione della sconfitta dei suoi personaggi in quanto offrono una prospettiva diametralmente opposta all’ottimismo derivante dagli effetti della seconda rivoluzione industriale che purtroppo la Sicilia non vive poiché gravata dalla questione meridionale.

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È in tal senso che si arriva all’eclissi del narratore che preferisce far parlare direttamente i personaggi in quanto depositari di un forte risentimento che caratterizza la loro condizione di oppressi senza speranza. Forse l’unica via di salvezza è quella del giovane ‘Ntoni che, alla fine del romanzo, preferisce abbandonare la propria casa tagliando i ponti con un passato fatto di miseria e sofferenza, ma al tempo stesso, tale atteggiamento può anche spiegarsi con il desiderio di Verga di avvicinarsi ad un qualcosa di primigenio che egli ha oramai perso e che costituirà l’io lirico dei poeti decadenti ovvero l’approdo ad una dimensione atemporale e prenatale. Anche la morte in solitudine di Mastro-don Gesualdo va in questa direzione.

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