HomeScuolaMinistero dell’Istruzione e del Merito: merito di chi e di che cosa?

Ministero dell’Istruzione e del Merito: merito di chi e di che cosa?

Il merito tanto osannato dal neo ministro di chi è?

All’inizio fu Ministero della Pubblica Istruzione, poi Ministero dell’Istruzione perché gli tolsero quell’aggettivo divenuto oramai anacronistico, e tra incorporamenti e scissioni varie che gli hanno dato sempre e comunque una definizione chiara siamo giunti, con la formazione del Governo Meloni, al Ministero dell’Istruzione e del Merito del 4 novembre 2022 .
E qui nasce l’arcano: cosa vuol dire quel merito, a chi è rivolto e perché affiancarlo esclusivamente al Ministero dell’Istruzione ha dato vita ad una moltitudine di interpretazioni personali che, in quanto tali, rimangono solo ipotesi. Diceva Nanni Moretti nel suo film Palombella Rossa: “Le parole sono importanti. Più passa il tempo più mi accorgo che le parole in Italia hanno perso il loro peso specifico. Si può dire di tutto, tanto poi si può modificare, rinnegare, smentire di averlo detto o pensato. Le parole non sono più pietre, sono nuvole. E sgomenta il fatto non che ci siamo abituati, ma che si mettono insieme le frasi così, gettando le prime parole che vengono in testa”.
Ecco, le parole sono importanti e la parola “merito”, secondo il vocabolario della Treccani, significa: “Il fatto di meritare, di essere cioè degno di lode, di premio, o anche di un castigo: premiare, punire, trattare secondo il merito. In genere però ha senso positivo, e indica il diritto che con le proprie opere o le proprie qualità si è acquisito all’onore, alla stima, alla lode, oppure a una ricompensa (materiale, morale o anche soprannaturale), in relazione e in proporzione al bene compiuto”. E’ chiaro che stiamo parlando di un valore universale e in quanto tale non ascrivibile esclusivamente ad una specificità, a meno che non si entri dettagliatamente nello specifico.
Relativamente alla meritocrazia, che differenza sostanziale c’è tra Ministero dell’Istruzione e del Merito con quello della Sanità e del Merito, della Giustizia e del Merito, della Difesa e del Merito, ecc.? Nessuna. Ripeto, a meno che non specifichiamo per ognuno di essi i termini propri del merito. Ma qua stiamo parlando dell’Istruzione e stante al momento nessuna specifica da parte del Governo non possiamo che procede ancora una volta per ipotesi:

IL MERITO DEGLI ALUNNI.

Già è previsto dal precedente Ministero:
“Il Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca intende promuovere la cultura del merito e della qualità degli apprendimenti nel sistema scolastico. Il programma annuale di promozione delle eccellenze riconosce e premia:
– gli studenti che hanno conseguito la votazione di 100 e lode nell’esame di Stato conclusivo del corso di studi;
– gli studenti vincitori nelle competizioni legate alle discipline di studio (olimpiadi, certami, competizioni nazionali e internazionali)”.
Sono meriti da sempre riconosciuti dal nostro sistema scolastico e non per questo avevano bisogno di essere “reclamizzati” tanto da diventare un Ministero.
O per merito si intende il vecchio profitto di gentiliana memoria? Perché è vero che esiste il merito ma è altrettanto vero che esiste il demerito. Ci comporterebbe una inversione ad U sulla valutazione degli alunni finora portata avanti, che ha visto nella promozione quasi ope legis di tutti gli studenti, e non parlo della scuola dell’obbligo, parlo soprattutto di quella secondaria di secondo grado, non dimenticando che quest’ultima non è altro che il prosieguo di quella precedente. Insomma regalare diplomi e lauree non dovrebbe essere più un mercimonio.

IL MERITO DEGLI INSEGNANTI.

Ancora una volta la lente è puntata su una delle categorie professionali più meritocratiche della P.A.. Dopo la caduta del governo Draghi le preoccupazioni del Ministero riguardano la norma approvata con il decreto Aiuti bis (che modifica il decreto Pnrr, la legge 79) per introdurre, su input di Bruxelles, un primo assaggio di carriera per gli insegnanti, legata alla formazione professionale, parliamo del docente esperto e dei corsi di formazione triennali da parte dei docenti per avere un minimo aumento stipendiale al di fuori della mera anzianità di servizio. Oggi le buste paga degli insegnanti crescono solo attraverso l’anzianità di servizio e non per merito.
E’ una richiesta precisa dell’Europa, ed è legata al Pnrr, e se viene meno l’Italia si esporrebbe a una inadempienza, con il rischio di perdere le risorse comunitarie. Il Governo, in assenza di una normativa specifica, ha voluto mettere i piedi avanti intanto ribattezzando il Ministero?

Per adesso riguardo al merito non sappiamo nulla e restiamo in attesa delle norme applicative, se ci saranno. Resta tuttavia l’amaro in bocca ad una categoria messa continuamente in discussione che non certo le facilita il compito che è chiamata a svolgere. Solo per gli insegnanti gli esami non finiscono mai. Tant’è che siamo arrivati al punto che sono gli unici a quali hanno etichettato ufficialmente la loro sopravvivenza esclusivamente al loro merito. Vuoi continuare a fare l’insegnante o almeno avere qualche euro in più al mese? Devi averne il merito! E gli altri?

Angelo Pepe

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