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Salvo Intravaia smaschera la buona scuola

Giornalista attento Salvo Intravaia, da anni scrive per Repubblica con grande competenza. La sua è una delle voci ancora libere del panorama giornalistico italiano. I suoi articoli sono sempre (giustamente) critici, come quello che riportiamo qui di seguito. Intravaia tocca nel dettaglio tutti i punti che caratterizzano la cosiddetta buona scuola e si domanda se sarà davvero una buona scuola.

Buona scuola ai nastri di partenza da lunedì. In quasi tutte le regioni italiane – Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Friuli Venezia-Giulia, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Sardegna, Sicilia, Umbria e Valle d’Aosta – il suono della prima campanella è stato fissato per il 14 settembre. O nei giorni immediatamente successivi: il 15 o al più tardi il 16 settembre. Rientreranno in classe dopo la pausa estiva, infatti, martedì 15 settembre bambini e studenti emiliani, toscani e del Lazio. Mentre veneti e pugliesi saranno in aula il 16 settembre. Soltanto in Trentino e Molise il primo giorno di scuola si è già consumato: il 7 settembre per gli alunni residenti nella provincia di Bolzano, il 9 per i compagni molisani e il 10 settembre per quelli che vivono in provincia di Trento. Ma quasi 7 milioni e 862mila alunni italiani faranno il loro ingresso a scuola nei prossimi giorni. Confrontandosi con le prime novità previste dalla riforma della scuola voluta dal governo Renzi. Ecco le principali.

Il Preside sceriffo. I docenti, di ruolo da anni o neoassunti, si sono già confrontati con la nuova figura del preside dai poteri amplificati previsto dalla legge 107. In molti casi, riferiscono gli insegnanti, non si tratta di cambiamenti formali, ma di un cambio di atteggiamento rispetto al passato. Nei collegi dei docenti di avvio dell’anno scolastico – in genere il primo settembre – la musica è decisamente cambiata e i dirigenti scolastici si sono mostrati più risoluti. “A chi non conviene, può anche chiedere trasferimento”, si sono sentiti dire, senza troppi giri di parole, parecchi insegnanti dai capi d’istituto preoccupati per le responsabilità che aumentano e le incognite di una riforma tutta da scoprire. Ma, in vista di un’impennata dei ricorsi interni alle scuole, i sindacati hanno potenziato gli uffici dedicati al contenzioso. Nei prossimi giorni saranno alunni e famiglie ad assaporare il preside-sindaco.

I nuovi assunti. L’avvio delle lezioni vede il mega Piano di assunzioni previsto dalla riforma a metà percorso. Nelle prime tre fasi sono stati già assunti 38mila docenti di tutti gli ordini di scuola. Ma la previsione era vicina a 48mila contratti. E neppure la fase nazionale è riuscita a colmare tutte le cattedre vacanti con precari inseriti nelle graduatorie provinciali ad esaurimento o idonei all’ultimo concorso a cattedre. Sono rimaste libere, che andranno a precari d’istituto, moltissime cattedre di strumento musicale e Matematica e scienze alla scuola media. Più un numero imprecisato di cattedre di sostegno e di materie che si insegnano al superiore con la laurea in ingegneria. In alcune province, come si prefiggeva il governo, le graduatorie dei precari sono ormai un ricordo. L’obiettivo è di cancellarle definitivamente nei prossimi anni.

Il comitato di valutazione. Genitori, studenti e componenti esterni alla scuola potranno valutare i docenti e premiare i migliori. Si tratta di uno dei punti più controversi della riforma Renzi-Giannini, su cui tuttavia il mondo della scuola dovrà confrontarsi nei prossimi anni. Ogni istituto ne avrà uno che sarà composto da tre insegnanti, due genitori un genitore e uno studente nelle scuole superiori – e un componente esterno designato dall’Ufficio scolastico regionale. Più il dirigente scolastico. Il Comitato di valutazione stabilirà i criteri per premiare i docenti più bravi e valuterà gli insegnanti neoassunti.

Il merito. Da quest’anno scolastico, il dirigente scolastico potrà premiare gli insegnanti meritevoli. Una novità assoluta per la scuola italiana. Lo farà assegnando ad un numero, variabile da scuola a scuola di insegnanti, una parte del budget previsto dalla buona scuola a questo scopo: circa 26mila euro per ogni istituto. Quanto basta per mettere già in moto meccanismi di competizione fra docenti che dovrebbero essere virtuosi ma che potrebbero essere anche deleteri per la comunità scolastica. Con i 26mila euro si potrebbero premiare dieci docenti con 2mila e 600 euro di salario accessorio, pari a 217 euro al mese lordi. L’unica incognita riguarda i collaboratori del preside, che potrebbero essere pagati con lo stesso finanziamento. In questo caso, il bonus si dimezzerebbe a poco più di cento euro lordi mensili.

L’organico di Potenziamento. Tra le novità più attese, c’è sicuramente l’organico di Potenziamento: un contingente di 55mila insegnanti che servirà alle scuole per rilanciare l’autonomia scolastica. E potenziare la musica e l’educazione motoria all’elementare, la lingua straniera e l’informatica alla scuola media e il diritto, l’economia e la storia dell’arte al superiore. Ma che arriverà nelle scuole dopo tre mesi dal suono della prima campanella. Il ministero, in base alle richieste che preverranno entro il mese di ottobre dalle scuole, assegnerà agli istituti un certo numero di insegnanti, di fatto scollegato dalla reale presenza in classe. Per la prima volta in assoluto, le scuole potranno contare, in media, su cinque insegnanti in più rispetto alle esigenze frontali, da impiegare in attività di potenziamento, recupero, sostegno e, in generale, in tutte le attività del Piano dell’offerta formativa che richiederanno risorse umane aggiuntive. Il ministero prevede di assegnare, sempre con una fase nazionale, questo personale alle scuole entro il mese di novembre. Ma si potrebbe arrivare al nuovo anno. E fino a quando non si presenteranno a scuola, i dirigenti scolastici non potranno nominare supplenti per brevi periodi. Una novità che sta già mettendo in crisi più d’un capo d’istituto che, in caso di assenza per malattia di qualche giorno, si vedrà costretto a distribuire nelle altre classi gli alunni senza docente. Con classi che diventeranno vere e proprie bolge ingestibili.

Il Pof. In questi giorni, e presumibilmente per diverse settimane, i dirigenti scolastici si stanno scervellando sul nuovo Piano triennale dell’offerta formativa, l’ennesimo acronimo che sostituisce il più familiare Pof. In compagnia dei propri collaboratori, stanno vagliando ipotesi e operando scelte per il progetto triennale delle attività scolastiche che coinvolgeranno le scuole dal 2016/2017 al 2018/2019. Un compito tutt’altro che semplice. Perché, contrariamente a quanto è avvenuto in passato, oltre alle attività sarà necessario pianificare anche le risorse – umane e finanziarie – necessarie alla realizzazione del Piano per il prossimo triennio. E un errore in tal senso potrebbe rendere impossibile portare avanti una o più attività.
La corte del preside. Un’altra novità cui dovranno abituarsi docenti, genitori e alunni sarà il numero di collaboratori che affiancheranno il preside. La vecchia figura del vicario lascia da quest’anno il posto ad uno staff che potrà essere composto al massimo dal dieci per cento degli insegnanti della scuola. Una novità che ufficializza di fatto quello che già nei fatti si verifica in parecchi istituti: il dirigente scolastico viene collaborato da diverse figure che assumono compiti diversi.

Risorse certe. Da quest’anno, le scuole avranno certezza delle risorse economiche su cui potranno contare per portare avanti le proprie attività. Anche questa è una novità introdotta dalla Buona scuola che dovrebbe contribuire a rasserenare gli animi dei dirigenti scolastici, dei segretari e dei consigli d’istituto che in passato, tra promesse di finanziamento e risorse sempre in bilico, non sempre riuscivano a programmare le attività per tempo. Per quest’anno, le risorse relative alle spese di funzionamento per il 2015/2016 sono già state quantificate e comunicate alle scuole. Assegnando alle stesse la quota relativa al 2015. Inoltre, spiegano da viale Trastevere, “il ministero ha comunicato anche il quadro di tutti i fondi che ogni istituto avrà a disposizione per il miglioramento dell’offerta formativa, le pulizie, il pagamento dei collaboratori per le attività di segreteria”.

Alternanza scuola-lavoro. La scuola italiana si avvicina al mondo del lavoro. Quella dell’alternanza scuola-lavoro non è una novità assoluta. Ma lo diventa perché questa modalità viene estesa come obbligo a tutti gli alunni degli istituti tecnici e professionali – per 400 ore nell’ultimo triennio del percorso scolastico – e dei licei, che dovranno recarsi in azienda a mettere in pratica quello che hanno imparato a scuola per almeno 200 ore, sempre nel triennio.

La carta dell’insegnante. Da quest’anno, ogni docente dovrebbe ricevere una Carta elettronica con una somma di 500 euro da spendere in attività di aggiornamento e formazione. Anche questa, una novità assoluta che colma anni di richieste degli insegnanti costretti a spendere di tasca propria per aggiornarsi. Sarà possibile, con questa cifra, acquistare libri o assistere a spettacoli teatrali e iscriversi a master o corsi di aggiornamento. Ma su questo punto il ministero dell’Istruzione è già in ritardo perché “i criteri e le modalità

di assegnazione” della Carta ai docenti dovevano essere previsti in un decreto che è già in ritardo, visto che i sessanta giorni di tempo dalla data di entrata in vigore della legge – il 16 luglio scorso – per emanarlo sono ormai abbondantemente scaduti.

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