La riforma delle classi di concorso è annunciata ormai da diversi anni, così come sono annunciati i nuovi concorsi per il reclutamento dei docenti. Le difficoltà che si stanno presentando però sono molteplici, tanto che c’è il rischio concreto che possa venir fuori l’ennesimo pasticcio per la gioia di chi vive e spera nei ricorsi. A fare il punto della situazione è Alessandra Ricciardi nell’articolo che segue.
Non sono ancora nate e rischiano già di finire in soffitta. Quantomeno in vista del prossimo concorso. Le nuove classi di concorso potrebbero infatti non essere utilizzate per la prossima selezione che sarà bandita agli inizi di dicembre e le cui graduatorie saranno utilizzate per il triennio 2016/2018. È l’ipotesi più accreditata ai piani alti del dicastero di viale Trastevere, dove si sta lavorando per consegnare all’esame del ministro, Stefania Giannini, il regolamento della gara: complessivamente le nuove assunzioni da fare potrebbero arrivare anche a 90 mila, è l’ultima previsione del dicastero dell’istruzione, di cui 60 mila e forse più da concorso, le altre attingendo alle graduatorie ad esaurimento che hanno ancora iscritti.
Sempre le previsioni parlano di almeno 150 mila possibili domande (ma c’è l’incognita della scuola dell’infanzia e della primaria, con flussi difficilmente prevedibili).
I tempi stretti della selezione pare mal si concilino con quelle della riforma delle classi di concorso, che hanno davanti un iter ancora abbastanza lungo, in cui è necessario tra l’altro acquisire il parere delle competenti commissioni di camera e senato per poi passare all’approvazione definitiva del consiglio dei ministri. Che ben potrebbe decidere di apportare alcune modifiche, proprio alla luce dei suggerimenti del parlamento.
Al momento, le nuove classi passerebbero da 168 a 114, con 11 new entry per l’insegnamento nella scuola secondaria di I e II grado, fra cui la A-23, la Lingua italiana per studenti stranieri, oltre che altre per i nuovi indirizzi della scuola di secondo grado come il musicale e coreutico. La riforma abilita anche la laurea in scienze politiche per insegnare diritto ed economia. In questi casi, utilizzando le vecchie classi, resterebbero esclusi dei potenziali candidati, che non potrebbero infatti essere recuperati attraverso la successiva fase della confluenza.
Intanto si lavora anche alla struttura delle prove, con un peso maggiore da dare alla capacità di stare in classe del candidato, sia nel corso della prova scritta, con la risoluzione di casi concreti, sia poi all’orale, dove dovrebbe restare la lezione simulata.