Il Governo è giunto alle battute finali, la spending review è pronta. Nel mirino: pubblico impego, sanità, comuni e province.
I tagli più al pubblico impego più significativi riguarderanno: buoni pasto da 7,5 a 5 euro al giorno, se i risparmi non saranno quelli previsti, come ultima cartuccia si tiene sempre pronta l’ipotesi di un rinvio del pagamento della tredicesima a gennaio del 2013. Provvedimento che farebbe inalberare le associazione di categoria dei negozianti.
La manovra prevede la riduzione della pianta organica: del 20 per cento per i dirigenti, del 10 per cento i dirigenti di secondo livello e del 5 per cento per gli altri ruoli. In tutto – riporta in un articolo Repubblica – sarebbero interessati 10 mila dipendenti: chi non accetterà la mobilità, cioè di spostarsi da un ufficio all’altro nell’ambito della Regione, passerà in “cassa” per 2 anni con l’80 per cento dello stipendio e poi 8 mesi in Aspi.
A sorpresa spunta anche l’ipotesi di un rafforzamento della manovra: per favorire gli esodi si derogherebbe alla riforma Fornero in modo da mandare in pensione con le vecchie regole anche chi ha maturato i requisiti nei primi mesi di quest’anno.
La partita delle Province sembra farsi concreta: a fine anno la Corte costituzionale si pronuncerà sul sistema dei tagli previsto dal “Salva Italia”, c’è la possibilità che le Province vincano il ricorso e dunque si dovrà nuovamente procedere con legge ordinaria. Si taglieranno da 10 a 40 province con il metodo dell’accorpamento in base a numero di Comuni, superficie e abitanti. Tagli anche per Tribunali e Prefetture: queste ultime in particolare scompariranno dove saranno cancellate le Province. Per i Comuni sopra i 5.000 abitanti è previsto che gestiscano obbligatoriamente i servizi in forma associata.
Nel mirino anche le società partecipate da parte di Regioni, Province e Comuni. Ieri è stata la stessa associazione delle Province (Upi) a sottolineare che esistono 3.127 società, consorzi ed enti strumentali di Regioni, Province e Comuni, con “sigle improbabili” create dal nulla “spesso per spartire poltrone e gestire potere”. Costano al Paese 7 miliardi l’anno, di cui 2 per i soli Consigli di amministrazione.