Gentile Redazione di InformazioneScuola,
quanto viene oggi raccontato sugli stipendi dei docenti stride profondamente con la realtà vissuta quotidianamente da chi lavora nella scuola da decenni.
Appartengo alla fascia 2021–2028 e, nonostante questo, non raggiungo nemmeno i 2.000 euro netti mensili. Prima dell’immissione in ruolo ho pagato un prezzo altissimo: anni di precariato, spesso con poche ore settimanali, senza la possibilità di una cattedra stabile, con stipendi erogati per soli 9 mesi su 12. Un percorso che inevitabilmente si rifletterà in una pensione futura misera, sempre ammesso che io riesca a lavorare fino – e oltre – i 67 anni richiesti.
Tengo a precisare che sono docente di ruolo dopo aver superato concorsi pubblici. Il ruolo è arrivato solo dopo lunghi anni di lavoro sottopagato da precaria, durante i quali ho comunque garantito il regolare svolgimento degli Esami di Stato fin dal lontano 1992.
Nel corso della mia carriera ho partecipato a esperienze Erasmus come docente e a numerosi progetti europei, confrontandomi con colleghi di altri Paesi. In quei contesti ho potuto constatare di essere preparata, competente e culturalmente all’altezza, se non superiore, rispetto a molti colleghi stranieri. Eppure, come spesso accade nella scuola italiana, a fronte di professionalità e impegno, lo stipendio era nettamente inferiore e i riconoscimenti pressoché inesistenti.
Questa è la realtà che molti docenti vivono, ben lontana dagli annunci e dalla propaganda sugli “aumenti storici”. Raccontarla è un dovere, per rispetto verso chi nella scuola continua a lavorare con serietà, sacrificio e senso dello Stato.
Cordiali saluti
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