Egregi,
dal 2007 insegno Lingua e Civiltà Francese nei Licei Linguistici, inizialmente nella provincia X, poi nella provincia Y, mia provincia di nascita e verso cui mi sono dovuto riavvicinare per ragioni di famiglia. I due periodi di insegnamento, quello X e quello Y, sono stati intervallati da un periodo dedicato al conseguimento del Dottorato di Ricerca. Il transito dal Liceo X a quello Y non è stato esente da incomprensioni, tensioni, inadattabilità, irritabilità. La percezione che il Liceo di arrivo fosse negli anni stato vittima, sul piano dirigenziale (e non solo), di reggenze spesso assenti con conseguenti ricadute negative sull’agognato buongoverno della Scuola, si è rivelata essere una realtà incontrovertibile. Memore dell’efficienza, anche dialogica, del Liceo X, il sottoscritto ha sempre palesato, nelle sedi collegiali opportune del Liceo Y, i suoi dubbi e le sue perplessità su questa o quella pratica in uso nell’Istituto, scontrandosi di sovente con l’ipocrisia, la pavidità, la riluttanza, la fretta, la paura dei colleghi.
Tra le innumerevoli storture fatte notare dal sottoscritto nei vari Collegi dei Docenti, divenute nel tempo “normalità”, come ad esempio cattedre costituite ad hoc per alcuni docenti, quando lo scarto andava ai supplenti oppure ai nominati ex-novo, ecc. ecc., quella che più di tutte ha costretto lo scrivente a presentare domanda, obtorto collo, di passaggio di cattedra ad altro istituto della nuova provincia Y ha riguardato i Modelli di Valutazione degli Studenti che tradiva lo spirito della giurisprudenza che in merito si è pronunciata a varie riprese e con vari strumenti. La domanda nasce spontanea: può un Collegio dei Docenti configurarsi come luogo contra legem? La risposta è ovviamente negativa, anche perché ovunque viga una Legge superiore, quella inferiore dovrà soprassedere (lex superior derogat legi inferiori).
Nello specifico, si fa riferimento ad una strana pratica di valutazione delle Lingue e Civiltà straniere (e non solo) che, come è noto, sono costituite dal Docente titolare e dal docente di conversazione straniera (ITP). Quest’ultimo, benché in compresenza, ha sempre compilato, al pari del Docente titolare, il modello relativo al comportamento. Il sottoscritto, dal canto suo, ha sempre sostenuto la tesi di una violazione giuridica (o distorsione, che dir si voglia) al riguardo. Se il curricolo dell’indirizzo liceale linguistico prevede 14 discipline, come ottemperato all’ALLEGATO D DPR 89 2010 – Piano studi e orario e Allegato D DECRETO 7 ottobre 2010, n. 211 (GU Serie Generale n.291 del 14-12-2010 – Suppl. Ordinario n. 275) e modificato successivamente in 15 insegnamenti con l’inserimento dell’Educazione Civica, con legge 20 agosto 2019, n. 92, non si comprende il motivo per cui le schede di valutazione comportamentali, debbano lievitare a 17 (1 in più per ogni lingua insegnata nell’indirizzo linguistico) andando a modificare impunemente il quadro valutativo dello studente. A sostegno di tale tesi concorre anche la Legge del 3 maggio 1999, n.124 – Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico. Insegnanti tecnico-pratici – che al riguardo recita: «Gli insegnanti tecnico-pratici, anche quando il loro insegnamento si svolge in compresenza, fanno parte, a pieno titolo e con pienezza di voto deliberativo, del consiglio di classe. Le proposte di voto per le valutazioni periodiche e finali relative alle materie il cui insegnamento è svolto in compresenza sono autonomamente formulate, per gli ambiti di rispettiva competenza didattica, dal singolo docente, sentito l’altro insegnante».
Se la giurisprudenza impone ai Docenti di Lingua un approccio di natura metonimica, per intenderci, del tutto verso la parte (dei due docenti verso un’unica forma di polarizzazione valutativa); parimenti, ai Docenti che insegnano più discipline l’approccio sarà di natura sineddotica (la parte verso il tutto), un modello per ogni disciplina impartita. E’ il caso, ad esempio, del Docente di Lettere che insegna anche Storia e Geografia oppure di Filosofia e Storia, oppure di Matematica e Fisica. Poiché gli indicatori da contemplare per la valutazione del comportamento sono il “rapporto con le persone”, il “rispetto delle regole e consegne” e la “partecipazione”, uno Studente può partecipare o rispettare le consegne in modo differente per Storia rispetto alla Filosofia, ecc., a seconda del suo grado di piacimento dell’una o dell’altra disciplina.
Dal quadro esposto si evince forse l’assunto che autonomia significhi arbitrio e il sottoscritto, prossimo ai 60 anni di età, “non ci sta”. Quel luogo democratico che dovrebbe essere il Collegio dei Docenti non può tramutarsi in luogo di deliberazioni viziate ab ovo; i suoi componenti non possono fare finta che non esista la Legge, perché essa è lì ed è proprio nel suo alveo che si intraprendono decisioni. E neanche possono rimproverare come è accaduto al sottoscritto di tacere o accorciare i tempi di intervento. La Legge è limpida e trasparente per cui la vexata quaestio non avrebbe neanche dovuto porsi.
Gradirei un suo parere al riguardo.
Cordialmente,
Walking S.
Quanto vale il voto dell’ITP?
Gentilissimo, grazie per aver posto questo quesito alla Redazione.
Da anni riceviamo e-mail dello stesso tenore della Sua. La legge 124 del 99, in particolare l’art. 5 da lei citato, ha permesso e quindi permette al docente tecnico pratico di partecipare e di votare nei consigli di classe, sia per la promozione che per la bocciatura di un allievo, al contempo di valutarlo e di concordare poi con il docente di teoria il voto finale.
In genere – ci raccontano – i due docenti fanno una media ponderata dando un peso specifico per ciascuna attività didattica da valutare (teorica e pratica).
A nostro parere, e concludiamo, riteniamo che tali docenti, in virtù della legge da lei citata, abbiano il diritto di valutare i propri studenti e di contribuire poi alla stesura della valutazione finale.
Sperando di esserle stato di aiuto le auguriamo buon lavoro.
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