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Intervistiamo Roberta Doveri docente di scuola secondaria di primo grado e candidata alle elezioni per il rinnovo del CSPI che avranno luogo nelle scuole il prossimo 7 maggio

Roberta Doveri, candidata al CSPI

Roberta Doveri, insegnante alla Secondaria di Primo Grado, ha svolto attività di ricerca e nei servizi artistici e culturali, anche a livello internazionale, prima di dedicarsi all’insegnamento.

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Perché si è  candidata a queste elezioni dove i sindacati generalmente candidano i loro quadri nazionali e periferici? Forse per la prima volta è stata presentata una lista con soli insegnanti che di militanza hanno solo quella scolastica?

Le difficoltà che la scuola e le famiglie si trovano ad affrontare nell’educazione richiedono un atto di coraggio e di autocritica da parte di tutti. Il disagio giovanile sta drammaticamente crescendo in una società sempre più complessa e globalizzata. Abbiamo bisogno di un impegno reale, di un coinvolgimento attivo nelle decisioni. Per questo ho deciso di supportare Noi Scuola, formato da professionisti che ogni giorno entrano in classe e che possono esprimere liberamente il proprio pensiero

Quali sono i problemi che oggi affronta la scuola secondaria di primo grado ex scuola media? 

Sono quelli della scuola in generale. I governi che negli anni si sono succeduti hanno lentamente perso quella visione che ha originato la nostra Scuola Pubblica: accogliere e valorizzare ogni cittadino secondo le proprie capacità. Ciò è avvenuto soprattutto tagliando risorse, prendendo decisioni volte solo a risolvere problemi a breve termine. La scuola Secondaria di Primo Grado è frequentata da alunni che si trovano ancora nell’età dell’obbligo e in questo momento, visto l’alto numero di alunni stranieri, di ragazzi con BES, di disaffezione per lo studio, avrebbe ancor più necessità di sostegno, per esempio tenendo gli istituti aperti il pomeriggio per il supporto nei compiti. Gli ostacoli più grandi che il sistema ci pone di fronte sono il numero troppo alto di alunni per classe, il precariato, il carico burocratico, vincoli che impediscono di esprimere quelle competenze che in passato ci hanno resi a livello internazionale un esempio di inclusione e di cultura.

La nostra Costituzione prevede che ognuno debba essere aiutato ad esprimere al massimo le proprie capacità, non per meri obiettivi di “successo” individuale, ma per il Bene Comune ed una visione performante ed aziendalistica della scuola, come quella che si sta imponendo, va nella direzione opposta.

Nella scuola è molto diffusa una burocrazia che spesso distrae  il docente dalla pratica di insegnamento. Lei cosa ne pensa?

Il carico burocratico limita la libertà d’insegnamento perché le soluzioni migliori ai problemi nascono da una risposta creativa ai problemi di ogni giorno. Spesso i docenti si trovano a svolgere lavoro sommerso che affatica e distoglie lo sguardo da ciò che c’è di più importante: l’attenzione verso gli alunni che oggi più che mai chiedono di non essere “invisibili”. Gli studenti hanno bisogno di riferimenti stabili, non di insegnanti che esauriscono le energie già prima di entrare in classe a causa di una burocrazia a volte priva di senso.

Secondo lei perché gli insegnanti oggi sono così restii a protestare , a mobilitarsi, a scioperare? L’ultimo sciopero  nella scuola a livello nazionale ha  avuto un’incidenza  irrisoria pari al 7% del personale in servizio. 

Molti sono scoraggiati dopo che si sono visti “traditi” dai grandi sindacati dopo le ultime riforme che sono passate nonostante si fossero riempite le piazze. C’è poi anche un fattore pratico: ci sono insegnanti che non possono permettersi di scioperare perché gli stipendi non si sono adeguati all’attuale inflazione.

Secondo molti insegnanti nelle scuole c’è una gestione autoritaria realizzata dai DS e dai docenti a cui sono date compiti e deleghe.  Questa situazione come influisce nel lavoro degli insegnanti che è sempre più complesso e usurante?

Questo tipo di gestione è frutto della “Buona Scuola” e mi sembra che gli stessi dirigenti e collaboratori siano oberati e in affanno. I tagli al personale ATA hanno tolto risorse umane fondamentali per il funzionamento degli istituti ed i docenti si trovano a compensare per alleggerire le segreterie, ma tutto questo è sbagliato perché toglie energie e distoglie da quello che è il nostro compito fondamentale: educare le nuove generazioni.

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