Pietra tombale sui ricorsi amministrativi contro i trasferimenti. La cessazione defi nitiva del Cnpi (consiglio nazionale della pubblica istruzione) ha determinato, infatti, l’impossibilità di utilizzare il ricorso gerarchico previsto dall’art. 484 del testo unico. Che ha continuato a sopravvivere alla privatizzazione del rapporto di lavoro per effetto del rinvio operato dall’art. 135, comma 2, del contratto di lavoro. Ma siccome la procedura prevede l’emissione del parere vincolante del Cnpi, il rimedio non è più esperibile. Quanto al decesso del Cnpi, esso è avvenuto con effetti a far data dal 1° gennaio 2013. Il 31 dicembre scoro è scaduta, infatti, l’ultima proroga che lo teneva in vita (si veda l’art.14 comma 1 del decreto legge 216/2011). E quindi adesso non esiste più.
Va detto subito, peraltro, che sulla sopravvivenza dei ricorsi gerarchici (seppure limitatamente al contenzioso stragiudiziale sulla mobilità interregionale) gli addetti ai lavori avevano manifestato più di qualche perplessità. Con l’avvento della contrattualizzazione del rapporto di lavoro, infatti, l’amministrazione, quando adotta i provvedimenti di mobilità non esercita più alcun potere autoritativo. Anzi nella stragrande maggioranza dei casi, si limita ad implementare i diritti contrattuali dei docenti e dei non docenti. E anche quando dispone il trasferimento dei docenti soprannumerari opera con i poteri del privato datore di lavoro, sempre e comunque all’interno di un sistema di garanzie contrattuali a tutela del dipendente. Insomma gli elementi per potere dire che il ricorso previsto dall’art. 484 del testo unico non fosse più esperibile c’erano già da prima. Ma mentre prima i dubbi nascevano da ragionamenti dottrinali, adesso è sopraggiunta l’impossibilità materiale, che sgombra il campo dagli equivoci. E non è più percorribile nemmeno la conciliazione presso l’uffi cio scolastico, cancellata con un tratto di penna dal comma 9 dell’articolo 31, della legge 183/2010.
ANTIMO DI GERONIMO