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Pubblico Impego – Ancora tagli, eccoli nel dettaglio

Pubblichiamo nella nostra rassegna stampa un articolo de l’Unità che mette in risalto tutti i tagli subiti dal Pubblico Impiego e le nuove strette. Ma come titola il quotidiano i Conti non Tornano.

Il blocco contrattuale lo avevano già  messo in conto, come accade ormai dal  lontanissimo 2009. Da cinque anni gli  stipendi dei 2,8 milioni di dipendenti  pubblici (ben 390mila in meno negli ultimi  10 anni) non aumentano. Nel 2014  però la contrattazione, almeno sulla  parte normativa (e non economica), come  promesso dal ministro D’Alia, doveva  ripartire e, come previsto dalla legge,  scatterebbe la cosiddetta «indennità  di vacanza contrattuale». Ora la legge  di Stabilità dovrebbe mettere mano  anche a questa piccola consolazione  che permetterebbe agli statali di trovarsi  in busta paga una parte (30 per cento  dopo tre mesi, 50 per cento dopo sei  mesi) del tasso di inflazione programmata  che comunque eroderà i loro salari  reali. Il governo ha deciso di inserire  un tetto a questa indennità, facendo risparmiare  440 milioni nel solo 2014.  Ad incidere sulla busta paga poi arriverà  anche il taglio degli straordinari  del personale delle amministrazioni statali  per una quota del 10 per cento che  cala al 5 per cento per i comparti sicurezza  e difesa (militari, polizia e vigili  del fuoco). Ma la norma che mandava  più in bestia i sindacati, quella che riguardava  la cancellazione del divieto  della reformatio in peius dei trattamenti  economici, sarebbe stata stralciata.  Una legge del 1957 tutelava i dipendenti  pubblici che vengono trasferiti: mantengono  la stessa retribuzione. Il rischio  riguardava i dipendenti pubblici  spostati («E succederà a moltissimi con  la spending review», ricorda Giovanni  Faverin della Cisl Fp) verso un’amministrazione  che prevedevano uno stipendio  più basso, ma senza modifica, il loro  salario rimarrà inalterato.

STRETTA SUL TFR  Anche per quanto riguarda il trattamento  di fine rapporto arriva un ulteriore  stretta. Fino a quest’anno i dipendenti  pubblici con Tfr superiore a 90  mila euro se la vedono corrispondere in  due tranche che partono dopo sei mesi  dal ritiro; ora il limite scenderebbe a soli  50mila euro. Chi esce anticipatamente  (prepensionamenti) dovrà invece attendere  20 mesi.  L’insieme delle misure dovrebbe portare  a risparmi di 1,5 miliardi dal prossimo  anno fino al 2018. «Sono misure  inaccettabili – attacca Rossana Dettori,  segretario della Fp Cgil – per milioni di  lavoratori che da cinque anni si stanno  impoverendo. Ancora più inaccettabile  è il taglio dell’indennità di vacanza contrattuale,  visto che fin dai tempi di Brunetta  è bloccata anche la contrattazione  integrativa con addirittura molte  amministrazioni che chiedono indietro  i soldi ai lavoratori per le parti già elargite  in busta paga negli anni scorsi».  «La legge di stabilità è l’ennesima truffa  ai danni dei lavoratori», le fa eco Giovanni  Torluccio della Uil Flp.  L’ultimo capitolo riguarda un taglio  alle percentuali di turn over del personale.  E mette quindi in relazione la legge  di stabilità con il decreto sui precari  che prevedeva una stabilizzazione con  il 50 per cento dei posti a concorso per  turn over riservato ai precari con contratti  a tempo determinato che abbiano  lavorato 3 anni negli ultimi cinque. Se  per il 2014 si conferma quota 20 per  cento, nel 2015 si scende dal 50 al 40%.  Nel 2016 era previsto il ritorno al 100%,  quota che invece si riavrà solo nel 2018  con tappe intermedie al 60% nel 2016 e  dell’80 per cento nel 2017. Assieme al  «no» agli emendamenti proposti dai sindacati  durante la conversione del decreto  (che ora andrà alla Camera), la misura  porta i sindacati a rilanciare la mobilitazione  («con manifestazione nazionale  a inizio novembre») a difesa dei  126.179 precari censiti dal Conto annuale  a fine 2011. Per questo i sindacati  chiedono di adottare un piano di assunzioni  con progressivi meccanismi di stabilizzazione,  la proroga dei contratti  per i tutti i precari in scadenza e di superare  la precarietà riconducendo i rapporti  a termine e atipici esclusivamente  a esigenze eccezionali.

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