All’indomani della pubblicazione dei settanta moduli per esercitarsi sui quiz del concorso a cattedra, l’impressione già avuta di “truffa” si consolida e espande.
“Scuola in chiaro” si chiama la sezione predisposta dal Ministero, ma di chiaro ci sembra soltanto che qualcosa proprio non va, a cominciare dal fatto che esercitarsi con quiz dei quali non si possono conoscere le risposte non serve a niente, visto che il sistema ti comunica unicamente di non aver passato il test, senza dirti come e perché.
Ciò che appare inaccettabile e scandaloso, però, è che qualcuno le risposte pare la sapesse con anticipo e, adesso, le “mette a diposizione” a pagamento. Non appare verosimile, infatti, che poche ore dopo la pubblicazione dei quiz fosse ci sia stato il tempo di organizzare una efficiente piattaforma informatica, con cui esercitarsi al concorso e in più con le risposte negate dal MIUR.
O si tratta di una clamorosa svista dell’Amministrazione (ormai ci siamo abituati a svarioni e scivoloni!) o aspettiamo che sia chiarito al più presto il “mistero” e la reazione del MIUR ai numerosi reclami degli utenti, gli aspiranti docenti. Come il Ministero intenda gestire questa situazione è l’attesa di tutti.
Questa, tuttavia, non è l’unica sconcertante rivelazione legata all’uscita dei quiz: aprendo i vari moduli, infatti, si rimane sconcertati che sin possa pensare di valutare i docenti attraverso una formula inadeguata come quella proposta. A parte lo squilibrio nella impostazione generale che, come già denunciato da molti, favorisce i matematici, gli informatici e gli statistici che con “giochetti” simili a quelli contenuti nei test si trastullano ogni giorno. Appare evidente, invece, che un tale sistema di valutazione mal si adatta a chi ha fatto degli studi umanistici, classici, storici, antropologici, filosofici la sua ragione di vita. Mentre la lingua italiana, infatti, è appannaggio di tutti, e tutti possono padroneggiarla adeguatamente, essendo il necessario e principale veicolo della comunicazione, gli altri ambiti nei quali sono state strutturate le domande sono, inequivocabilmente, competenze di settore. Perché non ipotizzare, per “selezionare” (parola raccapricciante tanto cara al MIUR) nuovi docenti, domande di storia contemporanea, di convivenza civile o sociologia, di diritto, di pedagogia, di filosofia, imprescindibili competenze di ogni persona e, a maggior ragione di ogni insegnante?
È evidente che al MIUR non interessa la qualità dell’insegnamento ma che questo parametro, demagogicamente tirato fuori quando si millanta di perseguire qualità e merito, è completamente ignorato. Lo dimostra l’assoluta assenza di valutazione del servizio che, in ogni professione, è un valore aggiunto, se non “il valore” con il quale garantire capacità e competenza.
Infine, troviamo veramente umilianti e degradanti i test proposti, soprattutto perché l’esigenza che li ha concepiti è ancora una volta quella di “scremare”, non di valutare, come è successo per i TFA, i cui esiti sono stati disastrosi ma dei quali il MIUR, con una sfacciataggine ed arroganza in cui non è secondo a nessuno, ha fatto “carta straccia”. Con incresciose rettifiche ha infatti rattoppato l’avvio di quelli che dovrebbero essere i percorsi formativi dei “nuovi” insegnanti dopo aver preteso di “preselezionare” i candidati con test inadeguati ed errati.
Pensiamo che la strada del ricorso, per quanto si è visto nell’Esercitatore per il Concorso a Cattedra, in questo clima da “guerra civile”, non sia un capitolo chiuso.
ADIDA