di Alessandra Ricciardi
Sparito il taglio al fondo per la valorizzazione della professione docente, il decreto legge sul lavoro uscito dal consiglio dei ministri spinge sui tirocini formativi e sull’istruzione tecnica e professionale come elementi chiave per contribuire a dare la spallata alla disoccupazione.
Misure che dovranno partire dal prossimo anno scolastico ed essere pianificate su un arco temporale triennale. A decidere le modalità operative sarà il ministro dell’istruzione, Maria Chiara Carrozza, d’intesa con il ministro dell’economia, Fabrizio Saccomanni. Intanto la Carrozza ieri ha avuto il primo faccia a faccia ufficiale con le sigle sindacale dopo il suo insediamento a viale Trastevere. Davanti alle richieste di dare risposte concrete, dal reclutamento al contratto, dall’edilizia scolastica all’autonomia , avanzate dai segretari di Flc-Cgil, Cisl e Uil scuola, Snals e Gilda, la Carrozza ha preso tempo, ribadendo la volontà di ridare centralità all’istruzione ma sottolienando anche la necessità di un coordinamento e di un consenso generale nell’intero governo perché dalle parole si possa passare ai fatti. Insomma, un incontro interlocutorio, per ammissione di tutti.
Il decreto lavoro, atteso in parlamento per la conversione, dà 60 giorni di tempo alla Carrozza per definire i piani di intervento, di durata triennale, per realizzare «tirocini formativi in orario extracurriculare presso imprese, altre strutture produttive di beni e servizi o enti pubblici, destinati agli studenti della quarta classe delle scuole secondarie di secondo grado, con priorità per quelli degli istituti tecnici e degli istituti professionali». I criteri, dice il decreto Letta, dovranno premiare «l’impegno e il merito» del ragazzi. Con lo stesso decreto si dovranno fissare i criteri per attribuire agli studenti tirocinanti i crediti formativi spendibili nell’anno scolastico successivo. In materia di istruzione e formazione professionale è prevista anche una deroga all’articolo 5, comma 3, lettera c) del decreto n. 87/2010: gli istituti professionali statali potranno utilizzare, nel primo biennio e anche nel primo anno del secondo biennio, «spazi di flessibilità entro il 25% dell’orario annuale delle lezioni per svolgere percorsi di istruzione e formazione in regime di sussidiarietà integrativa» ovvero nei corsi regionali (IeFP)che rilasciano le qualifiche professionali. Gli spazi di flessibilità dovranno essere utilizzati «nei limiti degli assetti ordinamentale e delle consistenze di organico previsti, senza determinare esuberi di personale e ulteriori oneri per la finanza pubblica». Spiega la relazione tecnica: «É attualmente già prevista l’utilizzazione, per gli istituti professionali, di spazi di flessibilità nella misura del 25% del monte ore annuale (art. 5, co. 3, lett. c), dpr n. 87/2010), ma solo per il primo biennio. I percorsi di IeFP hanno invece durata triennale e pertanto, ai fini di un efficace raccordo con gli stessi e al fine di costruire percorsi statali che, nei primi tre anni, siano compatibili con quelli IeFP, occorre garantire la medesima flessibilità (nella misura del 25%) anche per il primo anno del secondo biennio degli istituti professionali».