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I precari la considerano troppo in periferia così la scuola di Carotenuto di Acilia resta senza insegnanti

La scuola è troppo periferica, difficile da raggiungere, ha poco appeal? E allora resta senza insegnanti, e per il tempo pieno bisogna arrangiarsi. Succede all’istituto comprensivo Carotenuto di Acilia, 4 plessi distribuiti in quella periferia di Roma che guarda verso Ostia, poco al di fuori del raccordo anulare, ma quanto basta per renderla difficilmente raggiungibile con i mezzi pubblici. E quindi off limits per supplenti alla ricerca di una cattedra, che l’hanno infatti scartata sistematicamente al momento della riapertura delle graduatorie, i primi giorni di settembre, e dell’assegnazione degli incarichi. Il risultato? Quando, appena una settimana dopo, è ricominciato l’anno scolastico, mancavano decine di insegnanti all’appello nelle 18 classi di scuola media e soprattutto nella quarantina di classi delle elementari. E quelli che c’erano hanno dovuto cominciare a fare i salti mortali per far quadrare l’organizzazione del lavoro, e placare l’ira dei genitori.

LA DENUNCIA DEI GENITORI – «E non è la prima volta che succede, anzi: mia figlia è in quinta elementare e ogni anno è la stessa storia- denuncia Daniela Pecora, la rappresentante d’istituto- i supplenti dovrebbero essere assegnati molto tempo prima, perché il dirigente scolastico possa essere sicuro di avere tutto l’organico a disposizione all’inizio delle lezioni. Invece ci si riduce all’ultimo momento e, tra rinunce, malattie e maternità, ci ritroviamo a non avere tutti i docenti prima di ottobre». Una situazione paradossale, particolarmente grave nelle scuole elementari, dove su 70 insegnanti 35 sono di ruolo e tutti gli altri sono precari, quindi a rischio. Senza considerare gli insegnanti di inglese, che sono considerati un optional, e quelle di sostegno: su 16 previste, solo due attualmente sono in servizio.

TEMPO PIENO IMPERFETTO – Come si fa in questi casi a iniziare il programma e a non perdere un mese buono di lezione? Al Carotenuto avevano pensato di ricorrere persino ad un’associazione culturale, la Beagle, che avrebbe potuto intrattenere i ragazzi, proprio come succede nel pre e post scuola. Peccato che questa soluzione non avrebbe rappresentato esattamente un esempio di continuità didattica. E così per ora sono gli insegnanti in servizio a fare turni in più, gratuitamente, e a garantire alle famiglie il tempo pieno. L’insegnante di italiano fa anche le ore di matematica, per capirci, e pazienza se il programma non viene proprio rispettato alla lettera. «Noi genitori non avremmo mai accettato una soluzione come quella della cooperativa esterna- dice Carmela Carta, la mamma di uno dei bambini che frequenta il plesso Malafede 2 – Ma anche così il tempo pieno non è effettivo, non è giusto».

EMERGENZA NAZIONALE – Un caso isolato? Purtroppo no. Le segnalazioni si moltiplicano ogni anno in ogni parte d’Italia. A Trento la rinuncia a più di 700 incarichi annuali per l’anno scolastico 2012-2013 aveva spinto l’amministrazione comunale a proporre una pesantissima sanzione: l’impossibilità, in caso di rinuncia, di conseguire incarichi annuali o supplenze temporanee sulla base della graduatoria provinciale per titoli per l’anno successivo. L’idea era quella di individuare più velocemente il docente a tempo determinato, nell’ottica di un servizio scolastico più efficiente. Ma è stata bocciata dai sindacati, che hanno costretto l’amministrazione a ritirarla. Eppure il problema esiste, eccome: si stima che almeno il 20% dei supplenti rifiuti l’incarico, senza subire sanzioni di alcun tipo. In base al regolamento per le supplenze, infatti, la rinuncia ad una proposta di assunzione o l’assenza alla convocazione comportano solo la perdita della possibilità di conseguire supplenze sulla base delle graduatorie ad esaurimento per il medesimo insegnamento per l’anno scolastico di riferimento. Ma non fa scorrere il supplente in basso nella graduatoria né gli impedisce di assumere altro incarico per un diverso insegnamento. Addirittura, sottolinea un vademecum della Cgil per i supplenti, «al fine di non pregiudicare la situazione economica degli interessati, è consentito rifiutare la stipula di contratti di supplenza che diano diritto a un trattamento stipendiale inferiore all’indennità di disoccupazione al momento spettante. Ad esempio: nel caso l’indennità di disoccupazione sia fissata al 60% della retribuzione percepita per orario intero nell’anno scolastico precedente, si possono rifiutare, nella scuola secondaria di I e II grado sino a 10 ore, nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria, fino a 14 ore».

TRUCCHETTI DEI SUPPLENTI – Alcuni insegnanti, per evitare anche quest’esclusione, ricorrono poi ad un «trucchetto» riprovevole quanto diffuso: accettano l’incarico in prima battuta, ma poi immediatamente dopo, prima di cominciare realmente le lezioni, si mettono in malattia (o in maternità, nel caso), in modo da non perdere alcun diritto. Ovviamente di fronte al certificato medico il dirigente non può che constatare di avere una persona in meno su cui contare, e rimettersi al lavoro, per garantire insegnanti e ore ai propri ragazzi. Il ministero dell’Istruzione è a conoscenza di questi casi, ma ha le mani legate: fino a che esisteranno le graduatorie a scorrimento, i diritti dei supplenti sono sacrosanti. E a farne le spese, sono quelli degli studenti.

corriere.it

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