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Intervistiamo Carolina Parise, insegnante nella scuola dell’ infanzia e candidata nella lista Noi Scuola Bene Comune alle elezioni del 7 maggio per il rinnovo del CSPI

Le nostre interviste ai candidati al CSPI

Cosa l’ha spinta a candidarsi al CSPI dove generalmente sono candidati nelle liste sindacali  sindacalisti di professione, spesso esonerati da anni dall’insegnamento?

La mia candidatura al CSPI nasce da una profonda passione per la scuola e da un forte desiderio di contribuire al suo miglioramento.

Non sono un sindacalista di professione, è vero.

Tuttavia, ho trascorso gli ultimi cinque anni nelle aule, confrontandomi quotidianamente con le sfide e le opportunità della scuola reale.

Ho visto con i miei occhi i problemi che gli insegnanti e gli studenti devono affrontare ogni giorno, e ho sperimentato sulla mia pelle la gioia e la soddisfazione di insegnare.

Credo di poter portare al CSPI una prospettiva nuova e fresca, non influenzata da logiche di appartenenza sindacale.

La mia candidatura è sostenuta da “Noi Scuola Bene Comune”, un sindacato apartitico e indipendente che rappresenta le esigenze di tutti i docenti ai quali va il mio ringraziamento per avermi dato questa opportunità.

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Lei è insegnante di scuola dell’infanzia cosa pensa si debba cambiare in questo segmento a mio avviso fondamentale dell’istruzione peraltro non obbligatorio. Ad esempio sarebbe favorevole all’ obbligatorietà dell’ultimo anno?

La scuola dell’infanzia non è solo un luogo dove i bambini imparano a disegnare e a cantare, ma rappresenta un tassello fondamentale nel loro percorso di crescita e sviluppo. È qui che si pongono le basi per il loro futuro, alimentando la loro curiosità, la loro creatività e le loro abilità sociali.

Per questo motivo, ritengo che la scuola dell’infanzia debba essere obbligatoria per tutti i bambini almeno nel suo ultimo anno. In una società multiculturale come la nostra, dove la diversità rappresenta una ricchezza, è fondamentale garantire a tutti i bambini le stesse opportunità di apprendimento e di crescita.

Investire nella scuola dell’infanzia significa investire nel futuro dei nostri figli. Significa preparare cittadini consapevoli, capaci di affrontare le sfide del mondo con competenze e sensibilità.

Quali sono oggi i maggiori ostacoli che incontra un docente nell’esercizio della sua professione?

La vita dei docenti della scuola dell’infanzia non è sempre facile. Dietro sorrisi e lavoretti nascono spesso carichi di lavoro pesanti, che rischiano di sfociare in stress e burnout.

Al primo posto tra le criticità c’è proprio lo stress da lavoro correlato, alimentato da una serie di fattori: classi numerose, carenza di ore di compresenza, eccessiva responsabilizzazione e una comunicazione inefficace con le istituzioni superiori.

Tutto questo si traduce in un carico di lavoro psico-fisico notevole, con il rischio di burnout e le sue conseguenze negative: stanchezza cronica, esaurimento, demotivazione e persino problemi di salute.

Oltre allo stress, i docenti si trovano ad affrontare altre sfide quotidiane: mancanza di risorse, burocrazia pesante, scarsa collaborazione da parte delle famiglie, bassa valorizzazione sociale della professione e difficoltà di carriera.

Tutte queste criticità mettono a dura prova la dedizione e la passione dei docenti, che ogni giorno si impegnano per offrire ai bambini un’istruzione di qualità.

È necessario un cambio di rotta da parte delle istituzioni: serve un investimento concreto per migliorare le condizioni di lavoro dei docenti, valorizzare il loro ruolo e creare un ambiente scolastico più supportivo e stimolante.

Come vede il futuro della scuola in rapporto al fenomeno della denatalità da una parte e dall’altra di una immigrazione inarrestabile?

Il calo delle nascite in Italia, come in molti altri paesi occidentali, comporta una diminuzione del numero di studenti nelle scuole. Ciò potrebbe portare a una riduzione delle risorse per le istituzioni scolastiche, con il rischio di tagli al personale, alle infrastrutture e ai servizi didattici.

L’immigrazione, invece, porta nelle scuole un mix di culture, lingue e tradizioni diverse. Questo rappresenta una ricchezza per la società e un’opportunità per gli studenti di conoscere e apprezzare altre culture.

Il futuro della scuola dovrà quindi affrontare la sfida di conciliare la diminuzione degli studenti italiani con l’inserimento di quelli stranieri.

Sarà necessario trovare un equilibrio tra la tutela delle tradizioni e l’apertura verso la multiculturalità, puntando sulla flessibilità e sull’innovazione per creare un sistema scolastico davvero inclusivo e di qualità per tutti gli studenti.

Sono sicura che con l’impegno da parte di tutti gli attori coinvolti – istituzioni, docenti, famiglie e comunità – possiamo costruire una scuola inclusiva, innovativa e di qualità per tutti i bambini, indipendentemente dalle loro origini e dal loro background.

La UIL Scuola Rua ha diritto a partecipare alle riunioni sindacali secondo il Tribunale di Roma

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