La scuola nel suo tempo: alcune proposte concrete per preparare le nuove generazioni 

 

Il nostro tempo scorre velocemente e ci trasporta in un tempo nuovo che è anche un nuovo mondo. Un mondo in cui le relazioni sociali e interpersonali sono straordinariamente diverse da quelle di solo pochi anni fa. Un mondo in cui il lavoro e le sue forme sono talmente nuove da non far intravedere se non i contorni di quanto ci aspetta tra soli 5 o 10 anni. Un mutamento radicale che vede inesorabilmente il mondo della scuola arrancare non comprendendo appieno che il cambiamento, reale e repentino, deve appartenere a sé stessa piuttosto che a chi usufruisce dei suoi servizi. Volenti o nolenti, dobbiamo confrontarci con nuove generazioni, che comunque le si chiami, Generazione Z, iGen, Post-Millennial (nate tra il 1995 e il 2010) ma ancor di più alla cosiddetta Generazione Alpha (i nati dal 2010 in poi), sono il nostro futuro e protese verso di esso ignorando spesso colpevolmente il passato. Per preparare il loro e il nostro futuro, la nostra scuola non può limitarsi a sostituire una lavagna di ardesia con una LIM e usare i sistemi tecnologici appena conosciuti e usati per la DaD solo in emergenza pandemica pensando che una didattica in presenza con un numero di alunni che sfiora spesso le 30 unità sia la soluzione di tutti i problemi.

Nella mia indole di informatico e forse per una sorta di deformazione professionale dovuta al mio vissuto e vivere del mondo aziendale, c’è la naturale volontà di accompagnare la presentazione dei problemi con una loro possibile soluzione. Ebbene, mi permetto allora di dare innanzitutto due indicazioni di tipo pratico non impossibili dal punto di vista realizzativo: 

  1. Il numero massimo di alunni per classe non deve superare le 15 unità;
  2. Ogni plesso scolastico deve avere il suo Dirigente Scolastico.

Cerco ora di sintetizzare brevemente le motivazioni alla base di queste due richieste.

Spesso si usa il termine, che io personalmente odio,  “classe pollaio” per indicare una classe con un numero eccessivo di alunni. Ebbene, sono perfettamente consapevole che un numero massimo di 15 alunni, apparentemente così esiguo, comporti un investimento in termini di risorse straordinario per ridurre, realmente, e quindi non solo di qualche unità le “classi pollaio” in questione. Ma non è altrettanto straordinario il tempo che stiamo vivendo? Se non si capisce che dall’educazione e dalla formazione dei nostri ragazzi e ragazze dipende la stessa nostra sopravvivenza sociale non si capirà neanche l’urgenza di adattare ad un numero accettabile la presenza degli alunni per classe. Allo stesso tempo, classi con un numero così più ragionevole di studenti consentirebbero di realizzare anche un tipo di didattica progettuale e orizzontale con interventi che vedrebbero il coinvolgimento contemporaneo di differenti gruppi di studenti che possano imparare a interagire con gruppi esterni ai propri lavorando così su competenze trasversali assolutamente centrali per il loro futuro lavorativo. Inoltre, e così dicendo prevengo una classica critica a questo tipo di ragionamento, sarà più facile e naturale formare, prima che dei lavoratori, dei cittadini, degli uomini e delle donne consapevoli delle loro potenzialità e unicità esistenziali affinché possano vivere una vita piena e impegnata nel privato e nel sociale. Per farlo bisogna anche aprire le aule alla società stessa consentendo il confronto e il mentoring con persone e personaggi anche estranei alla scuola ma che possano raccontare e far vedere, attraverso le proprie esperienze, che la scuola e la vita sono momenti di uno stesso comune percorso.

Veniamo ora al secondo punto, ovvero quello relativo ai dirigenti scolastici. Sinceramente non capisco perché un dirigente scolastico debba essere assegnato in base al numero di alunni di svariate centinaia a seconda delle specifiche situazioni e non in relazione al singolo plesso scolastico. O meglio, posso capire che la motivazione sia strettamente legata ad una questione economica che, tuttavia, come per il punto precedente, non riesco proprio a condividere. Secondo il mio modesto parere, non considerare che il singolo plesso scolastico è un nucleo pulsante di umanità e che questo ha necessità di essere attenzionato e accudito in maniera costante e appassionata, significa rimanere lontani dalla comprensione  della realtà delle cose. Solo per fare un esempio, non strettamente legato al contesto didattico, ma piuttosto a quello “infrastrutturale”, il singolo  plesso scolastico necessità, alla stregua delle nostre abitazioni,  di cure continue che riguardano aspetti quali rubinetti che perdono, pareti da imbiancare, arredi da sistemare, sistemi di riscaldamento da attenzionare, connettività Internet e così via. Qualcuno obietterà che tali compiti possono e devono essere svolti da altri. La mia convinzione è, invece, che il dirigente scolastico deve essere il genitore attento e premuroso che segue con costante attenzione le esigenze della sua seconda casa e che la vive quindi con altrettanta costante presenza. Tale presenza potrebbe poi estrinsecarsi con un certo numero di lezioni che il dirigente scolastico potrebbe prestare nel suo plesso qualora i quadri orari e ragioni di organico lo richiedessero. In tal modo, il Dirigente parteciperebbe in maniera ancora più diretta alle scelte che riguardano, ad esempio, le programmazioni scolastiche e le relative necessità di adattamento ai tempi nuovi di cui dicevo in apertura di questo mio intervento.

Carlo Mazzone

Carlo A. Mazzone, sviluppatore software e sistemista, è docente di informatica nella Scuola Superiore. Ha ricevuto il JA Italia Top Teacher Lifetime Achievement Award ed è l’unico italiano ad essere arrivato nella Top 10 del Global Teacher Prize, il Nobel dei docenti. È inoltre un digital evangelist e autore di pubblicazioni di divulgazione informatica, best seller in Italia.

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