HomeStampaLe visite di istruzione costose sono discriminanti, lo denunciano i presidi milanesi

Le visite di istruzione costose sono discriminanti, lo denunciano i presidi milanesi

Solo quattro anni fa, i ragazzi del liceo scientifico Einstein di Milano andarono in gita a Marsa Alam, esotica località balneare sul Mar Rosso, mentre gli studenti di una scuola superiore di Gela sbarcarono a New York. Bei tempi andati. Fra le molte abitudini italiane cancellate dalla crisi c’è anche il cosiddetto “viaggio di istruzione”, tradizionale intermezzo di primavera, con visita
nelle grandi capitali europee o nelle città d’arte italiane. Grande festa per i ragazzi. Un salasso per le famiglie, rassegnate a sborsare cifre medie di 300 euro, con punte massime di 500 euro per le mete più inconsuete, che prima della crisi non suonavano come una bestemmia. Soldi che oggi nessuno ha più, motivo per il quale le gite sono quasi ovunque dimezzate, quando non cancellate del tutto. «Rispetto agli anni passati – sintetizza il provveditore agli Studi di Milano, Giuseppe Petralia – quest’anno ha dovuto rinunciare una classe su due». Un’impressione a caldo, confermata dai dati dell’Osservatorio Touring Club. Lo scorso anno scolastico solo 930mila studenti sono andati in gita di classe, 400mila in meno rispetto a cinque anni fa. Nel 2013 potrebbe andare anche peggio. A Milano, i primi a tagliare le gite sono stati istituti tecnici e professionali, frequentati da stranieri e da ceti popolari, come il turistico Gentileschi, dove gli spostamenti fuori dalla scuola quest’anno sono limitati ai musei e teatri cittadini. Ma lo stesso vale anche per gli istituti più blasonati e frequentati dalla buona borghesia, come il classico Berchet, dove la cancellazione
delle gite è stata totale «anche per la rivendicazione sindacale dei professori che, dopo i tagli ai fondi per l’istruzione, non vengono più retribuiti per le gite », come spiega il preside Innocente Pessina.
Milano non è un caso isolato. «Non siamo noi a tagliare le gite, ma le famiglie a sollecitare la rinuncia nei consigli di classe: i genitori fanno presente che soldi per mandare i figli in gita non ci sono più», spiega Tommaso De Luca, preside dell’Istituto tecnico
industriale Avogadro di Torino, presidente dell’Asapi, l’associazione delle scuole autonome del Piemonte. «Il nostro consiglio di istituto ha cancellato le gite perché non tutti hanno la possibilità di aderire e la scuola non ha i mezzi per dare sovvenzione alle famiglie che non possono affrontare spesa». Una vita d’uscita estrema per evitare discriminazioni tra studenti. Le scuole cercano di garantire almeno le gite brevi in città italiane. Questa è la sorte dei 1300 studenti dell’Itis
Fermi di Roma, dove la preside Monica Nanetti e il collegio docenti hanno bocciato «i viaggi all’estero, lasciando solo le mete italiane, dove si arriva in treno». Persino allo storico liceo scientifico Righi di Bologna, fondato nel 1823, il più antico del Paese, il preside Domenico Altamura, allarga le braccia: «La crisi ha messo in ginocchio anche noi: prima si facevano grandi cose, una settimana all’estero, minimo 450-500 euro a ragazzo, più il cash per gli extra. Prezzi insostenibili, oggi. Quest’anno,
all’estero ci vanno solo alcune quinte, per tre giorni, invece che per sei. Tutte le altre classi, rimangono in Italia o addirittura in città». Poi ci sono quelli che mettono mano alle magre casse d’istituto per pagare il viaggio a chi non ha la possibilità. Per esempio, Gianni Oliva, preside del centralissimo liceo classico D’Azeglio, a Torino: «Il consiglio di istituto interviene pagando anche il 100 per cento. Ma le mete devono essere low cost».

La Repubblica

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