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Lettera: la scuola dell’odio razziale…


Di Manlio Amelio – Ieri parlavo con un amico, si chiama Daniele, laureato, cantautore, eclettico, un individuo unico nel suo genere, nel bene e nel male, che si è goduto la vita… ed ancora lo sta facendo… Ero giù in paese e lui mi chiedeva come mai a fine settembre fossi ancora lì, e come mai non fossi partito per andare a lavorare nelle “miniere nazionalizzate”; e gli raccontavo brevemente cosa avevo combinato durante lo scorso anno scolastico, e che quindi mi ero fatto sospendere fino al 31 gennaio del 2019, lui dispiaciuto diceva come fosse stato possibile, vista la mia passione per la scuola e l’insegnamento… e gli spiegavo che ne avevo le palle piene, e cercavo di fargli capire che in realtà a me… mi avevano fatto, e mi stavano facendo un gigantesco favore, un enorme piacere, un dono inestimabile, una grande festa… quanto un “mare magnum”! ed ho cominciato a sparlare malissimo del 99.99% dei docenti italiani, impreparati, passivi, per niente carismatici, che stanno lì solo per buscarsi un misero stipendio, ne avevo i coglioni pieni delle loro falsità e delle loro ipocrisie, delle loro infamate, della loro sottomissione e del loro conformismo al potere dei direttori supremi… perché ne avevo le palle piene di professori non studiati, di pappataci borghesi, di cercopitechi filistei, oppure come li ho chiamati negli ultimi miei post di “fognaioli omicidi”, e come la scuola fosse il peggior ambirete e luogo di lavoro per uno come me… e che la scuola io l’avevo ribattezza Opificio della merda!


A questo punto lui, Danié, che prima di parlare con me, stava leggendo seduto su di un di una sedia del nostro bar preferito, un libro di Sciascia “A ciascuno il suo”, non so se vi ricordata l’edizione… era quella de “La biblioteca di Repubblica” di tanti anni fa, dove compravi il giornale e con 4,99 euri in più ti portavi a casa anche un bel libro, una grande opera… -come la mia Opera d’Iriza…- comunque, dicevo, che a questo punto a Danié gli si illuminano gli occhi e mi fa:  “Manliuccio ti devo leggere un estratto di Claudio Lolli da ‘Lettere matrimoniali’ “, dopo che me lo legge, gli dico: bello!… Daniè ti ringrazio se puoi inviamelo tramite e-mail che poi cercherò di farlo pubblicare… grazie tante…


Ecco la e-mail di Daniele con il pensiero di Claudio Lolli… buona lettura e riflessione…
ciao Manliuccio … non mi sono più ritrovato il tuo indirizzo mail. mi manderesti una mail di risposta, anche un semplice: “grazie Dani”, se mai dovesse arrivarti questa mia ?. Così so di averlo ricordato giusto. Infine volevo dirti: sottomettiti all’ordine costituito e all’autorità scolastica e cammina in fila per due … così non rischi più una sospensione e a casa sono tutti più tranquilli
Di seguito la riflessione lolliana. 

“Poi in sala insegnanti vedevo le mie colleghe. Quante biro rosse avranno consumato con quei segni violenti e indelebili che andavano inevitabilmente a cogliere un difetto, un errore, un’inadeguatezza? Ammesso che questi tre sostativi abbiano, per un adolescente, un senso e un significato. Ma non bastava: c’erano anche i commenti, impietosi e nazisti tipo: questo non capisce un cazzo e non capirà mai un cazzo, questo lo bocciamo (a ottobre), questo è antipatico e suo fratello è delinquente. Mi faceva male sentire la parola “fratello”, che avrebbe tante implicazioni, in quelle bocche malfatte e distrutte, abituate all’odio razziale. Sì, razziale, perché gli studenti e gli insegnanti sono due razze diverse. I primi stanno venendo al mondo, sicuramente male come se avessero un residuo di resistenza nei confronti di ciò che li aspetta e che noi abbiamo preparato per loro con crudeltà e indifferenza infinita, i secondi sono malati di morte e quella crudeltà la esercitano giorno per giorno, con piacere. Il momento di gloria dell’insegnante nazista è lo scrutinio finale. Lì può vomitare tutto l’odio che ha provato durante l’anno ed esercitare il suo misero potere: bocciato. Così un ragazzino se ne va a giocare a palla per la strada, senza futuro, e l’insegnante torna a casa a mangiare con la sua famiglia convinto di aver fatto un buon lavoro. Come nei lager: non importa quanto male si fa, basta farlo bene, con grande efficienza. Non sai quante volte mi sono dovuto trattenere ai consigli di classe per non saltare al collo di una collega e strozzarla, strangolarla lì, con le mie deboli forze, senza pensare alle conseguenze. Mi hai salvato tu, come sempre. Non potevo pensare di non vederti per anni per il semplice gusto di pestare una merda.”
Claudio Lolli, da “Lettere Matrimoniali”
Manlio Amelio

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