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Scuola – Ripartiamo da noi, intervista esclusiva a Laura Razzano

Intervistiamo Laura Razzano. Maestra e sindacalista novarese di grande esperienza, nell’intervista la Razzano ci offre un panorama critico della nostra scuola soprattutto, della primaria e dei problemi che oggi affliggono gli insegnanti tra eccessiva burocrazia e la consapevolezza di svolgere un lavoro delicato e strategico per il futuro del Paese, ma oltre che sottopagato anche sottostimato. Ma passiamo la parola a Laura Razzano.

Maestra Razzano, da anni segue i problemi degli insegnanti in particolare della scuola dell’infanzia e di scuola primaria, è nota la sua attività sindacale nella provincia di Novara, dove rappresenta la Gilda degli insegnanti.

Ci descrive in sintesi i problemi della scuola novarese? Quali sono i problemi che con maggior frequenza le pongono gli insegnanti che si rivolgono al suo sindacato?

Vorrei dire che ogni giorno affronto un contenzioso per ore prestate oltre l’orario, corsi di aggiornamento falsamente passati come obbligatori e ordini di servizio che costringono gli insegnanti alla reperibilità o persino a lavori di facchinaggio per i traslochi delle aule a fine estate. Non posso dirlo perché, malgrado ci siano ogni giorno motivi ben fondati per rivolgersi a un giudice, i colleghi hanno bisogno di controllare le ricostruzioni di carriera, sapere quando potranno andare in pensione e conoscere l’ABC dei loro diritti. Per i precari, che sono i meno tutelati a parità di lavoro, le richieste riguardano tutte le procedure per non perdere il treno di domande, aggiornamenti, concorsi e per ottenere qualche punto in più in graduatoria. Infine, c’è una parte di lavoro che mi vede a fianco di insegnanti colpiti, spesso ingiustamente, da contestazioni disciplinari e molestie burocratiche. Mai come in questi ultimi anni ho ricevuto segnalazioni anonime di gravi violazioni contrattuali e, quando sono intervenuta come Gilda, nelle scuole serpeggiava solo la curiosità su chi mi avesse informata, pochi si sono ribellati e alla fine, pur sapendo di non avere alcun obbligo, le richieste dei dirigenti sono state quasi tutte esaudite con il beneplacito delle RSU elette. 

Maestra Razzano, come è cambiato in questi anni il mestiere dell’insegnante di scuola primaria, secondo il suo particolare osservatorio di insegnante e di sindacalista insieme?

Dopo 36 anni di insegnamento trovo che il mondo dei maestri sia un luogo di grande generosità, impegno e grande professionalità, acquisita sul campo o nelle Università.  Noi maestri siamo capaci di cambiare e la primaria è sempre stata il banco di prova di ogni riforma; nel bene e nel male, i cambiamenti ci hanno resi capaci di affrontare con creatività i diktat partoriti dai politici e di guardare avanti, concentrandoci sulle cose importanti, la didattica per prima.  Come insegnante di un grande istituto comprensivo ritengo che il problema principale della scuola primaria sia il numero di alunni per classe e il numero elevato di alunni diversamente abili. Esistono classi di 25 bambini con percentuali rilevanti di alunni con bisogni educativi speciali, tra i quali molti che non parlano l’italiano. Un conto è seguire un gruppo eterogeneo di 15 bambini, un altro è lavorare con 25 alunni, diversissimi tra loro, in un‘aula angusta, e scommettere ogni anno che tutti arriveranno a giugno ad apprendere al meglio delle loro possibilità. Noi non bocciamo, non diamo debiti, diamo possibilità, questa è la parte del lavoro che adoro. Da sindacalista le dico che tutti i docenti sanno benissimo di essere pagati male, di svolgere diverse ore in più e di prendere una miseria per gli incarichi aggiuntivi, è un lavoro che coinvolge così tanto che, spesso, si affronta senza mettere mano al contratto, ci si sente “sceme” a verniciare una porta per renderla più bella, ma lo si fa spessissimo per la soddisfazione di dare qualcosa di bello ai bambini. Ciò che crea il malcontento maggiore è la dirigenza scolastica e uno stile di leadership che si basa su un sistema quasi medievale o di caporalato clientelare; non dico tutti, ma molti dirigenti scolastici non hanno la più pallida idea di quanto contino le relazioni nel nostro ambiente di lavoro. C’è chi ha un campanello sulla porta della presidenza, chi ti autorizza le ferie il giorno prima, chi fa lavate di capo ai docenti come fosse l’antico garzone di un’osteria e persino chi ci deve pensare due volte a darti un giorno se sei precario e devi andare al funerale di tuo cognato. 

Infine, trovo che sia cambiato il rapporto con le famiglie, oggi le mamme si sentono tutte professioniste dell’istruzione e hanno sempre qualcosa da dire soprattutto sulle chat di WhatsApp. 

Lei rappresenta un sindacato che fin dalla fine degli anni Ottanta con il suo fondatore il prof. Sandro Gigliotti, ha sempre individuato la figura dell’insegnante come un professionista dell’Istruzione.  Trova ancora attuale questa prospettiva? Oggi i docenti italiani si percepiscono come professionisti e sono percepiti come tali?

Se non avessi ben chiara questa prospettiva non sarei della Gilda, l’associazione professionale grazie alla quale nel lontano 1988 gli insegnanti ottennero il miglior contratto di sempre per la Scuola! Un professionista nella scuola sa insegnare, è quello che fa la maggior parte di noi, nel modo migliore, dopo prove, concorsi, simulazioni, ricerca e studio individuale. È anche vero che la nostra professione non può essere svolta da chiunque, come succede a volte con le MAD, una brutta copia di quello che sarebbe accaduto nelle scuole con la chiamata diretta scongiurata in extremis. Puntare sulla professionalità significa rivendicare libertà costituzionali assopite ed essere professionisti, non impiegati o meri esecutori.

Si nota una certa passività tra gli insegnanti, remissivi alle decisioni e al volere dei DS nelle scuole, sono altresì restii se non ostili alle azioni di lotta e di mobilitazione sindacale e vedono   lo sciopero come uno strumento logoro ed inefficace. 

Io sono una sessantenne e non sa quante volte ho portato le bandiere durante le manifestazioni, ma capisco bene i colleghi, la lotta sindacale che scimmiotta la lotta nelle fabbriche, RSU comprese, è perdente nella Scuola, servirebbe invece un preside elettivo che coordini la didattica e non faccia il visir. Lo sciopero è l’unico strumento sindacale e, abbiamo visto di recente, non funziona. Io credo che le prossime battaglie potrebbero essere ispirate alla resistenza passiva e alla non collaborazione, basterebbe evitare di svolgere tutte le attività per cui non siamo pagati o che ci vengono retribuite ad ore e che si trasformano in miseri compensi a forfait; d’un tratto niente gite, niente progetti, niente feste con gli Alpini, né laboratori o corsette di fine anno, nessun coordinatore, nessuna figura strumentale. E per essere ancora più vincenti potremmo votare, come consentito dal contratto, piani delle attività di dieci ore e qualche interclasse. I tempi della riscossa arriveranno e nessun addestramento coatto potrà fermare lo sdegno degli insegnanti per una politica disattenta alla scuola, è questione di tempo e vedrà, prima delle elezioni, qualcuno capirà di dover cambiare strada.

A cosa è imputabile, a suo avviso, tanto disimpegno e indifferenza, tanta sfiducia nel cambiamento che sono sempre più diffusi tra gli insegnanti? 

Gli insegnanti si impegnano molto e non sono indifferenti, hanno sfiducia di sicuro nel cambiamento perché nella scuola, ogni volta che si cambia, ci si trova a fare qualcosa in più e gratis. C’è anche da dire che, a parte noi, gli altri sindacati del settore hanno tra i propri iscritti anche i dirigenti scolastici, secondo lei la FIOM sarebbe stata così forte, seguita e determinante se Agnelli ne fosse stato un iscritto o un dirigente?

Signora Razzano, le riforme nella Scuola hanno avuto sempre un tratto comune, quello di essere calate dall’alto e subite dagli insegnanti che poi ad esse si sono adattati. Restando al suo ambito di insegnamento, cioè la scuola primaria, cosa modificherebbe o abolirebbe dell’attuale impianto ordinamentale?

Innanzitutto, spazzerei via il sistema di valutazione inventato lo scorso anno, indecifrabile ai più e veramente inutile, sono partiti dalla valutazione per indurre i docenti a modificare il loro metodo di insegnamento. Tutto è accaduto principalmente sulla carta e nei webinar ministeriali.

Io la riforma della scuola primaria la farei con pochi articoli, mantenendo le Indicazioni nazionali vigenti.

1 dal 1° settembre 2022 le classi saranno dimezzate

2 dal 1° settembre 2022 la valutazione nella primaria avrà i seguenti indicatori: obiettivo raggiunto e obiettivo non raggiunto.

3 dal 1° settembre 2022 gli insegnanti avranno tutti il medesimo orario di 18 ore

4 dal 1° settembre 2022 in ogni classe ci sarà un insegnante di sostegno ad orario completo

5 dal 1° settembre 2022 in ogni plesso sarà assunto un mediatore linguistico

6 dal 1° settembre 2022 il preside-coordinatore della didattica sarà eletto dal collegio dei docenti.  Il dirigente scolastico che volesse candidarsi potrà farlo solo dopo aver superato un test a crocette con domande che non conosceva prima. Infine, simulerà una sessione di conduzione di un collegio docenti davanti a una commissione formata da insegnanti, estraendo dal cappello una situazione tra intervento di docente contrastivo, votazione contraria all’unanimità, proteste per l’assegnazione alle classi ed altro.

7 dal 1° settembre 2022 il dirigente scolastico dovrà sostenere a sue spese un corso di aggiornamento biennale presso la Scuola Nazionale della Pubblica Amministrazione, svolgendo contemporaneamente le funzioni non didattiche richieste dalla scuola. Alla fine, potrà tornare nel suo ufficio e chiudersi a lavorare su tutto ciò che ha appreso, ma non sulla didattica.

Ecco tutti i testi per prepararsi al concorso straordinario 2022 della scuola

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