HomeStampaUno dei danni causati dalla riforma Gelmini al nostro Paese

Uno dei danni causati dalla riforma Gelmini al nostro Paese

 

FORSE la ministra dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, può fare più del ministro per i Beni culturali Massimo Bray per il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione italiana: ieri l’altro sono state portate alla Camera 15mila firme di cittadini che le chiedono di non cancellare la storia dell’arte dalle scuole italiane, come invece aveva provato a fare l’ineffabile Mariastella Gelmini. Fortemente ridotta negli Istituti tecnici, la storia dell’arte è stata del tutto cancellata in quelli Professionali: dove è possibile diplomarsi in Moda, Grafica e Turismo senza sapere chi sono Giotto, Leonardo o Michelangelo. E nei licei artistici non si studierà più né il restauro né la catalogazione del nostro patrimonio artistico. Non si tratta di una svista, né di un caso. Si tratta invece di una scelta consapevole, generata dal disprezzo per le scienze umanistiche in generale e da una visione profondamente distorta del ruolo del patrimonio storico artistico del Paese: che non si salverà finché gli italiani non torneranno prima a saperlo leggere. Per secoli l’arte figurativa è stata l’altra lingua degli italiani: l’abbiamo parlata, ma anche intesa, come nessun’altra nazione del mondo. Ed è quella lingua che ci ha fatto e consolidato come nazione, secoli prima dello Stato nazionale. Per questo il paesaggio e il patrimonio si salvano solo se la scuola italiana riuscirà a crescere una generazione di cittadini e una classe dirigente meno figurativamente analfabete di quelle attuali. La sfida decisiva, quella la cui posta in gioco è più alta, consiste nel far capire la dimensione ambientale dell’arte italiana: che non è quella che vai a vedere la domenica pomeriggio nella mostra a pagamento, ma quella che avvolge ogni attimo della tua vita, che tu lo sappia o no. È per tutto questo che lottano gli insegnanti di Storia dell’arte degli istituti superiori: non dobbiamo lasciarli soli, perché non stanno difendendo il loro lavoro, stanno difendendo il futuro di tutti noi.

Tomaso Montanari

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