Negli anni si è generata molta confusione tra i docenti e anche tra i dirigenti scolastici in merito al numero di giorni di permesso retribuito previsti dal CCNL. Molti pensano che i giorni siano solo 3, mentre in realtà la normativa è più chiara.
Il contratto collettivo nazionale della scuola prevede esplicitamente 3 giorni di permesso retribuito per motivi personali o familiari, fruibili con la semplice richiesta del docente. In aggiunta a questi, lo stesso articolo 15 comma 2 specifica che ulteriori 6 giorni possono essere fruiti con le stesse modalità durante i periodi di attività didattica.
Già nel 2011 l’Aran, l’agenzia che supervisiona l’applicazione dei contratti pubblici, era intervenuta per chiarire questo aspetto, affermando che anche i 6 giorni aggiuntivi potevano essere goduti come permessi e non come ferie, indipendentemente dalle condizioni stabilite per le ferie .
A conferma di ciò è arrivata un’importante sentenza del Tribunale del Lavoro di Velletri nel 2019. Il giudice ha sancito che i permessi previsti dal comma 2 dell’articolo 15, cioè i 3+6 giorni, non sono soggetti ad alcuna autorizzazione da parte del dirigente scolastico. Le esigenze del docente in questi casi prevalgono sulle necessità organizzative della scuola.
La sentenza chiarisce inoltre che il docente non è tenuto a trovare sostituzioni oa chiedere favori ai colleghi per fruire di questi permessi. Anzi, in caso di necessità è la scuola ad doversi far carico di eventuali oneri. Per di più, il lavoratore può motivare la richiesta in modo molto generico per tutelare la propria privacy.
Grazie a questa pronuncia del tribunale del lavoro, è stata fugata ogni ulteriore incertezza. I permessi retribuiti per i docenti sono davvero 3 giorni più 6, come stabilito chiaro e tondo dal contratto nazionale.
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