Ormai il tema dell’intelligenza artificiale è di assoluta attualità e se ne discute un po’ ovunque con posizioni spesso di opposta visione. Si va dai fan più appassionati, a coloro i quali vedono la cosiddetta AI (nella dizione inglese di Artificial Intelligence) un pericolo incombente sul nostro presente e, a maggior ragione, sul futuro.
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Come spesso accade, sono specifici elementi che danno, in un processo graduale, una svolta che rappresenta un vero e proprio tsunami. In questo ambito l’onda anomala è stata di certo rappresentata dall’applicazione ChatGPT, ormai nota ai più.
È di questi giorni la notizia che in Italia l’accesso a questo sistema di conversazione, solo apparentemente omnisciente, è stato bloccato a causa di presunti problemi di privacy. Al di là del fatto che per superare questo blocco è sufficiente un qualsiasi sistema software noto come VPN che fa risultare la nostra connessione provenire da un altro paese, credo che il problema vero sul quale interrogarsi sia da ricercarsi ben oltre la questione legata al GDPR (il regolamento generale sulla protezione dei dati).
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Ad esempio, ci si potrebbe meglio interrogare sulla richiesta di migliaia di firmatari, tra cui spiccano i nomi di Elon Musk e Steve Wozniak, di una lettera in cui si chiede un periodo di riflessione di 6 mesi sull’evoluzione dei sistemi di intelligenza artificiale per definire delle linee guida che ne consentano uno sviluppo controllato e sicuro (https://futureoflife.org/open-letter/pause-giant-ai-experiments/).
Indipendentemente dalla specifica opinione che si possa avere sull’opportunità e sulle reali motivazioni dei principali firmatari della lettera in questione, credo che essa abbia il merito di porre l’accento sull’importanza di partecipare attivamente al dialogo sull’evoluzione dei sistemi tecnologi moderni non lasciando ai soli tecnici il ruolo attivo in questa ennesima rivoluzione. A tal proposito, mi riferisco anche a quanto già scritto in merito alla necessità di un nuovo umanesimo digitale in cui le problematiche degli esseri umani siano messe al centro di un’evoluzione etica delle tecnologie che possano così evitare squilibri sociali irreparabili.
L’immagine metaforica è forte: milioni di persone, poi miliardi, che si rivolgono dal chiuso delle loro stanze e uffici a questi nuovi dèi che hanno la capacità di ascoltare contemporaneamente tutti i “fedeli” donando loro dati e informazioni per gli scopi più disparati. Se pensiamo a quanto le religioni possano essere motore di sconvolgimenti sociali straordinari forse può diventare più chiara la direzione che si potrebbe intraprendere.
Sono tra i primi a dire che a ogni rivoluzione industriale ci sia un mutamento degli equilibri nelle tipologie di lavoro e che quindi di sicuro ci saranno nuovi lavori che sostituiranno i vecchi: per intenderci, zappa e trattore e via discorrendo. Ma siamo sicuri che sarà sempre così in tema di ordini di grandezza?
Faccio notare come queste tecnologie vengano definite esponenziali e come esse lo siano nel senso matematico del temine. Siamo pronti davvero ad affrontare l’affiancamento prima e la sostituzione poi, con percentuali alte come mai prima, di contabili, avvocati, ingegneri, giornalisti, solo per citare alcune delle professioni che sono “messe a rischio” dai nuovi sistemi di intelligenza artificiale? Siamo disposti a cedere per profitto le nostre vite a questi nuovi dèi? Ovviamente, la mia è una provocazione che va nella direzione della cosiddetta singolarità tecnologica, evento che immagina una supremazia della tecnologia stessa nei confronti dell’uomo. Tuttavia, molto più pragmaticamente, quanto stiamo già ipotecando sul nostro futuro quando i nostri studenti, piuttosto che la preghiera tradizionale fatta per avere un buon voto a un’interrogazione, chiedono l’aiuto del nuovo dio digitale tanto a loro vicino da preparare immediatamente un compito per casa in maniera fondamentalmente incontrollata?
Ancora una volta, l’attenzione è così rivolta ai contesti formativi che coinvolgono sempre di più studenti e docenti ma anche l’intera società, assolutamente non pronta a gestire improvvise apparizioni sui social di un papa che indossa un piumino bianco costosissimo. Ma, infine e in somma sintesi, la possibilità di poter sfruttare una tecnologia straordinaria che potrebbe migliorare il nostro intero mondo e modo di vivere se solo ne sapremo produrre e cogliere i frutti senza un’insensata caccia alle streghe del nuovo millennio.
Carlo Mazzone
Carlo Mazzone (Ceppaloni, 10 dicembre 1966), docente di informatica nella Scuola Superiore, è sviluppatore software, sistemista, divulgatore informatico e insegnante imprenditivo di Junior Achievement Italia. Ha ricevuto diversi riconoscimenti nazionali e internazionali.
Come divulgatore e ricercatore informatico partecipa attivamente all’evoluzione del mondo IT producendo articoli tecnici e libri bestseller. In tale ambito, è anche aiutato dalla notorietà acquisita con il Nobel dei docenti e testimoniata dalle innumerevoli partecipazioni come speaker e opinionista a conferenze e convegni così come a trasmissioni radio e televisive. A testimonianza di tale popolarità, il noto presentatore Gerry Scotti nel suo programma televisivo di Canale 5 “Caduta libera” propone la domanda “La regione in cui insegna Carlo Mazzone, il primo italiano ad entrare nella top 10 dei migliori professori al mondo.”
https://www.carlomazzone.it/
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