Inclusione scolastica – Come è possibile fare delle politiche, lavorare per aiutare delle persone se non si sa neanche quante persone hanno bisogno, quanti soldi servono e come è meglio spenderli? In Emilia-Romagna non viene effettuato, da 13 anni, il monitoraggio degli studenti con Bisogni Educativi Speciali (BES).
Secondo i report “l’inclusione scolastica degli alunni con disabilità” pubblicati da ISTAT, in Italia gli alunni con disabilità sono più di 300.000, il 3,6% del totale, ma oltre a quelli che hanno una certificazione secondo la legge 104, gli alunni che necessitano della predisposizione di un percorso didattico personalizzato sono anche coloro che hanno disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) e bisogni educativi speciali (BES), in tutto il 9% degli studenti italiani.
Per gli ultimi dati pubblici disponibili forniti dall’ufficio scolastico regionale, che riguardano l’anno scolastico 2018/19, su 615.000 alunni i casi accertati di DSA sono quasi 30.000, il 4,8% del totale.
Negli ultimi anni, a causa di vari fattori tra cui l’immigrazione, il lockdown e sicuramente grazie a una maggior attenzione da parte delle famiglie e degli insegnanti, il numero di studenti con bisogni educativi speciali è esploso, è quello che ci dicono le statistiche a livello nazionale, e quello che mi riferiscono associazioni e insegnanti nelle scuole.
Allo stesso tempo stanno aumentando anche gli sforzi, da parte delle istituzioni scolastiche, nel fornire risposte flessibili e personalizzate, dato che ogni intervento è individuale, che si concretizza con la predisposizione del piano didattico personalizzato (PDP), con un grande sforzo e una grande dedizione da parte degli insegnanti coinvolti e con spese per materiali, ausili o personale di supporto completamente a carico della scuola o della famiglia.
Ma per risolvere un problema si parte dalla sua conoscenza e giustamente dal 2009 la regione ha sottoscritto un protocollo d’intenti con l’Ufficio Scolastico Regionale per favorire il successo scolastico degli alunni, e tra i compiti l’Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia-Romagna, “rileverà le richieste e le segnalazioni di difficoltà che pervengono dalle scuole e dalle famiglie”.
Il protocollo viene rinnovato ogni tre anni e il 1° marzo 2021, l’assessore alla scuola Paola Salomoni dichiarava che “tutti hanno diritto a un percorso scolastico soddisfacente e positivo, a maggior ragione chi parte in situazione di svantaggio”
Purtroppo però, lo stesso assessore alla scuola Paola Salomoni rispondendo alla mia interrogazione non ha potuto fare a meno di confermare il mio timore, nonostante gli accordi presi l’ufficio scolastico regionale non raccoglie dati.
Un’ulteriore doccia fredda arriva dall’assemblea legislativa, la maggioranza infatti ha bocciato un ordine del giorno che ho presentato durante la sessione di bilancio con il quale volevo supportare i comuni con risorse aggiuntive a sostegno delle nuove fragilità educative.
Come si può pensare di rispondere a un bisogno se non si sa neanche l’entità di questo bisogno?
Come può dire la regione di fare delle politiche per la natalità, la scuola e la famiglia se non sa neanche quanti soldi servono e dove vanno a finire?
Il futuro dei giovani, ed in particolare di chi ha emergenze educative, interessa a qualcuno oltre a me?
Valentina Castaldini
Consigliere regionale e capogruppo Forza Italia Emilia-Romagna, coordinatore delle commissioni PNRR
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