Dopo anni di attese e tantissimi sacrifici, i docenti abilitati hanno appreso che aver conseguito l’abilitazione all’insegnamento è stato del tutto inutile.
Secondo il parere della Sesta Sezione del Consiglio di Stato, ordinanza n. 5134, un concorso riservato solo ai docenti abilitati rappresenta una “discriminazione” verso altri precari che non hanno ancora conseguito nessuna abilitazione.
Il Consiglio di Stato nell’ordinanza osserva che nel periodo dal ‘90 al 2017, ovvero quando l’abilitazione era requisito per partecipare ai concorsi, averla conseguita o meno è dipeso da un complesso di circostanze casuali, non dipendenti dalla diligenza o dal merito dell’interessato, cosicché, il mantenere la riserva agli abilitati costituirebbe un’irragionevole disparità di trattamento rispetto ai laureati.
Il fatto che “il possesso, ovvero il mancato possesso, di un’abilitazione all’insegnamento dipenda da circostanze non legate al merito, ma soltanto casuali” oltre a sminuire tutti gli sforzi necessari dei precari per il conseguimento dell’abilitazione, squalifica di fatto un titolo ritenuto da sempre fondamentale per svolgere la professione dell’insegnante.
Condivido pienamente la considerazione in merito alla questione del Dott. Max Bruschi:
“L’abilitazione costituisce il certificato che dimostra in astratto il possesso dello standard professionale previsto. Dunque, sarebbe casomai la sua assenza a rendere la procedura incostituzionale, perché verrebbe meno il criterio della garanzia di professionalità.”
Dopo questa pronuncia del Consiglio di Stato, i docenti abilitati attendono delle risposte concrete dal nuovo governo, con l’auspicio che sappia tutelare una categoria fin troppo penalizzata dalle scelte politiche precedenti.
Daniele Coppolino