Alla Ā«Italo CalvinoĀ» di Galliate, provincia di Novara, la preside ha trovato una soluzione da rigattiere: per trovare fondi per la sua scuola ha venduto i vecchi banchi, quelli dei nonni con i calamai e tutto lāarredamento inizio Novecento che ha trovato in cantina.
A Monza, lāelementare Buonarroti ha chiesto fondi alle aziende locali per finanziare i laboratori teatrali in cambio di pubblicitĆ online e nella bacheca della scuola. Ć andata meglio al Mamiani: la preside ha fatto un appello pubblico e sono arrivate, da una nota marca di computer, cinquanta postazioni informatiche complete per i ragazzi dello storico liceo classico romano rimasto senza pc proprio alla vigilia dellāannunciata rivoluzione digitale nella scuola italiana.
Tre esempi che sicuramente piacerebbero al ministro dellāIstruzione Maria Chiara Carrozza che ha annunciato lāintenzione di promuovere il fund raising nelle scuole pubbliche in crisi di finanziamento statale, puntando anche ad ottenere lāok dal ministero dellāEconomia per defiscalizzare del tutto le donazioni alle scuole (ora ĆØ al 19 per cento). Un modello allāamericana, come ha spiegato lei stessa in queste settimane: lāidea del ministro ĆØ che, non solo le aziende, ma gli ex allievi, chi ha avuto successo grazie anche ai propri studi, si volti indietro a dare un contributo perchĆ© anche le nuove generazioni possano avere le sue stesse opportunitĆ .
Ā«A me pare piĆ¹ un modo per eludere il problema vero delle risorse della scuola che non ci sono, non credo che la scuola possa nĆØ debba trasformarsi in un mercatoĀ», mette subito le mani avanti Mimmo Pantaleo della Cgil scuola: Ā«Altro sono singoli casi virtuosi di collaborazione che giĆ ci sonoĀ».
Il tema dei privati nella scuola pubblica non ĆØ nuovo, e se ne ĆØ molto discusso in questi ultimi anni, fino ad arrivare nel 2012 al ddl Aprea che addirittura prevedeva lāingresso di soggetti esterni alla scuola nel consiglio di istituto. E se ne parla ad ogni inizio di anno scolastico quando le scuole chiedono i contributi ai genitori. Secondo uno studio di Ā«TuttoscuolaĀ», di qualche anno fa, ammontano a circa cinquecento milioni, mentre secondo una rilevazione della Flc Cgil di questāanno siamo intorno ai 335 milioni allāanno: Ā«Va benissimo incentivare il contributo della comunitĆ , migliorare il regime fiscale delle donazioni purchĆ© sia aggiuntivo rispetto allāimpegno dello StatoĀ», spiega Giovanni Vinciguerra di Ā«TuttoscuolaĀ». Secondo i dati di Eurostat lāItalia investe solo il 4,4 per cento del Pil per lāistruzione mentre la media europea ĆØ del 5,2. Ā«E si vede: lo Stato nei Paesi piĆ¹ evoluti spende molti piĆ¹ soldi per le scuole ā insiste lāex ministro dellāIstruzione Luigi Berlinguer ā. Va bene chiedere aiuto anche ai privati purchĆ© la gestione sia controllataĀ».
Unāidea che in molti hanno giĆ sposato per necessitĆ o convinzione, anche se nel decreto Carrozza sono stati stanziati fondi per wi-fi e scuole dopo anni di tagli. Uno studio sul territorio lodigiano dellāanno scorso, confrontando i dati del Miur sui fondi delle scuole superiori, dimostra che, in epoca in cui servono lavagne multimediali e ebook, non ci sia istituto che non ricorra ai fondi privati. Il Liceo Gandini addirittura ha in bilancio il 60 per cento di soldi che arrivano dai privati e solo il 18 da finanziamenti statali, lāItis Cesaris di Casalpusterlengo ha il bilancio diviso a metĆ tra soldi privati e fondi pubblici, che spesso non raggiungono che poche migliaia di euro per ogni istituto.
Gianna Fregonara