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Il nostro รจ un Paese che sta perdendo la parte migliore: i giovani!

Se i โ€œcervelliโ€ se ne vanno dallโ€™Italia รจ perchรฉ fuggono dal loro โ€œcorpoโ€. Troppo vecchio per permettere loro di esprimersi. O almeno: di โ€œoperareโ€. Di utilizzare la loro opera. Lโ€™Italia รจ un Paese vecchio (dati Istat, 2012). Il piรน vecchio dโ€™Europa. Dopo la Germania, che, perรฒ, puรฒ permettersi di invecchiare perchรฉ attira i giovani migliori dagli altri Paesi. Compreso il nostro. Il problema รจ che noi non ci accorgiamo di invecchiare. Perchรฉ siamo sempre piรน vecchi. Cosรฌ ci immaginiamo giovani, sempre piรน a lungo. Fino a 40 anni. E rifiutiamo di invecchiare. Secondo gli italiani โ€” come ho giร  scritto altre volte โ€” per dirsi vecchi occorre aver superato 84 anni (indagini Demos). Considerata la durata
media della vita, dunque, in Italia si accetta di essere vecchi solo dopo la morte. I giovani, in Italia, sono sempre di meno. Come i figli. Il tasso di feconditร  per donna รจ 1,4. Fra i piรน bassi al mondo. Se il nostro declino demografico si รจ interrotto, da qualche anno, รจ per il contributo fornito dagli immigrati. Che, tuttavia, non hanno modificato la nostra auto-percezione. Perchรฉ Noi continuiamo a invecchiare e a far pochi figli, mentre Loro sono giovani e fecondi. In altri termini, abbiamo riprodotto i confini al nostro interno nei confronti degli Altri. Gli immigrati, infatti, restano Stranieri, anche quando sono italiani, da piรน generazioni. Anche quando diventano ministriโ€ฆ Cosรฌ invecchiamo
senza accorgercene e senza accettarlo. Investiamo le nostre risorse nellโ€™assistenza e nella sanitร , comโ€™รจ giusto. Molto meno nella scuola, nella formazione, nellโ€™universitร  (da qualche tempo ho cominciato a scriverla con lโ€™iniziale minuscola). Cioรจ, nei giovani. Nei figli. Nel futuro. A loro โ€” ai figli e ai giovani โ€” ci pensano gli adulti. In fondo, quasi 8 italiani su 10 fra 18 e 38 anni (e quasi 3, fra 30 e 34 anni) risiedono con i genitori (Istat, 2011). Sottolineo: non โ€œvivonoโ€ ma โ€œrisiedonoโ€. Cioรจ: fanno riferimento a unโ€™abitazione e a una famiglia, per affrontare una biografia sempre piรน precaria e intermittente. I dati, a questo proposito, sono espliciti e crudi. Lโ€™Italia รจ il Paese con il piรน alto tasso di disoccupazione giovanile in Europa. Oltre il 40% (fra 15 e 24 anni), in ulteriore crescita nel 2013. Nelle regioni del Mezzogiorno raggiunge quasi il 50%. Non solo, lโ€™Italia รจ anche il Paese dei Neet. Quelli che non studiano e non lavorano. Circa 2 milioni: il dato peggiore, nei paesi dellโ€™Ocse, dopo il Messico. I giovani: una generazione precaria e disoccupata. Sono pochi e non scendono piรน in piazza, come un tempo. Cosรฌ, non hanno peso politico. I genitori, sempre piรน anziani, si incazzano, per questi figli senza futuro. Ma in fondo, anche se in modo inconsapevole, non ne sono del tutto dispiaciuti. Perchรฉ, senza di loro, i figli non potrebbero affrontare un percorso tanto precario. Ma se i figli (unici) si staccassero dalla famiglia troppo presto e in modo definitivo, loro โ€” i genitori โ€” resterebbero soli.
Cosรฌ, i giovani, peraltro sempre piรน adulti (la sociologia delle generazioni ha coniato il neologismo (quasi un ossimoro) โ€œgiovani adultiโ€ per definire coloro che hanno 30-35 e perfino 40 anni), emigrano. Se ne vanno altrove. Di certo, non debbono affrontare lโ€™esodo drammatico dei disperati che partono dai Paesi dellโ€™Africa e del Medio Oriente,
stipati nei barconi. Per fuggire dalla guerra e dalla povertร . I โ€œnostriโ€ giovani se ne vanno con il sostegno delle famiglie. Addestrati da periodi di studio allโ€™estero (Master, Erasmus), trascorsi durante e dopo lโ€™universitร . Cercano e spesso trovano occupazione. In alcuni casi, di livello elevato. Perchรฉ i โ€œgiovani cervelliโ€, in Italia, sono formati da un sistema scolastico e universitario che, nonostante gli sforzi per logorarlo, ancora resiste. E produce laureati e post-laureati di qualitร . Apprezzati. Fuori dallโ€™Italia. Cosรฌ si spiega la crescita continua degli italiani che si trasferiscono allโ€™estero. Quasi 80 mila, nel 2012, secondo le stime ufficiali (dati Aire elaborati da Radio 24). Di fatto, circa il doppio. Al loro interno, i giovani โ€” piรน o meno adulti โ€” sono in aumento e pesano per circa il 45%. Se ne vanno, prevalentemente, in Europa (Germania e Gran Bretagna, anzitutto), ma anche in America Latina e negli Usa. Non รจ una fuga, ma la ricerca di lavoro e di esperienza, in un mondo dove i confini sono sempre piรน aperti โ€” per chi non proviene dai Paesi poveri. E i โ€œcervelliโ€ sono sempre ben accolti. Questo รจ il problema, per lโ€™Italia. Non che i nostri โ€œcervelliโ€ se ne vadano. Ma che non ritornino. E poco si faccia per farli rientrare. O per attirarne altri, di eguale qualitร . Perchรฉ noi importiamo lavoratori a bassa qualificazione. Ed esportiamo i nostri figli. Perdiamo i giovani e i cervelli. Perchรฉ siamo incapaci di offrire loro un destino coerente con le loro attese e le loro competenze. Cosรฌ รจ comprensibile, perfino conseguente, che quasi tutti i giovani (8 su 10, dati Demos) siano convinti che, per fare carriera, occorra partire. Dallโ€™Italia. Un Paese vecchio. Che maschera lโ€™etร  e le rughe in modo artefatto โ€” e un poโ€™ patetico. E lascia partire i giovani, senza farli tornare. Illudendosi di fermare il tempo. Di non invecchiare. Mentre, cosรฌ, nasconde soltanto il futuro.

 

La Repubblica

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