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NEI GIORNI SCORSI ร STATO PRESENTATO A ROMA UN RAPPORTO sul sistema educativo promosso da quattro associazioni scolastiche di diverso orientamento: il Cidi (insegnanti democratici), lโAimc (maestri cattolici), Lega Ambiente scuola e formazione, Proteo Fare Sapere. La ricerca, coordinata da Emanuele Barbieri, รจ stata condotta sulla base dei dati del 2009 che sono i piรน completi. Ciรฒ che colpisce รจ il giudizio perentorio che viene espresso in premessa e cioรจ il fatto che dopo 150 anni di unitร dโItalia, rispetto ai tassi di successo scolastico, nonostante lo sviluppo culturale del Paese si registrano disuguaglianze che ricordano i ยซdati relativi ai tassi di analfabetismo della popolazione adulta nel 1861ยป. Lโallarme riguarda due elementi decisivi: il primo รจ relativo al fatto che la scuola sembra aver esaurito la sua funzione positiva di promozione sociale, di garanzia delle pari opportunitร di successo formativo che ha avuto in altri momenti della nostra storia e, dallโaltro che tutti i dati riconfermano un distacco ampio e strutturale tra il centro-nord e la quasi totalitร del Sud, come era appunto nel 1861. A conferma della distanza tra le ยซdue Italieยป basta leggere i dati relativi alla carenza dei servizi per la prima infanzia come gli asili nido – in Emilia cโรจ una copertura di questo servizio del 29%, in Campania del 2,7-, lโ assenza quasi completa del tempo pieno, i tassi di abbandono scolastico che in Sicilia raggiungono il 26, 5 % tra i ragazzi tra i 18 e i 24 anni. Oppure i dati dei cosiddetti Neet (ragazzi che non studiano nรฉ lavorano) con una percentuale in Campania del 32,9, rispetto al 9% del Trentino Alto Adige. Dal rapporto emerge anche un indice preoccupante di sperequazione territoriale. La caratteristica della nostra penisola รจ tale che in essa convivono zone metropolitane densamente popolate e zone montane che lo sono meno. E i processi di ridimensionamento delle unitร scolastiche, compiute negli anni scorsi su parametri numerici uniformi e dettati solo dalle compatibilitร finanziarie, hanno generato ยซdisfunzioni nella qualitร dellโofferta del servizioยป con ยซclassi sovraffollate nelle aree urbane, pluriclassi, e soppressione di plessi nei piccoli montaniยป. Ora, se si considera che stiamo parlando di 9 milioni di persone, si comprende che le politiche dei tagli hanno causato la compressione del diritto allโistruzione come stabilisce la nostra Costituzione. Dโaltra parte la spesa per la scuola in Italia rimane abbastanza bassa: il 4.8% del Pil, che ci colloca al ventiduesimo posto tra i Paesi europei, prima della Grecia e anche della Germania, ma molto lontano da tutti gli altri. Un quadro complessivamente preoccupante, quindi, tenendo conto che andrebbero verficate con piรน attenzione le conseguenze del ยซtaglio colossaleยป operato dalla coppia Tremonti-Gelmini, che finora nessuno ha messo in discussione, neanche la legge di stabilitร appena varata. ร probabile perciรฒ che tutti gli indicatori siano peggiorati rispetto al 2009 e che il lavoro per ridare senso alla scuola italiana sia ancora piรน difficile.
Giorgio Mele