Un pasticcio che rischia di essere sommerso dai ricorsi. Sembra studiato a tavolino per favorirli facendo gioire chi li organizza. La questione del Comitato di valutazione sta facendo affilare le armi ai tanti “azzeccagarbugli” che hanno ormai capito che con la scuola si fanno affari d’oro, mentre i precari sono sempre più chiamati a sborsare parecchi quattrini per garantirsi un posto di lavoro. Ma vediamo qual è la questione, la spiega nel dettaglio Carlo Forte.
Comitati di valutazione senza docenti, e la conferma in ruolo dei neoassunti è a rischio. La legge 107 prevede che il parere sul superamento dell’anno di prova debba essere formulato dal comitato di valutazione con la sola presenza dei docenti e del dirigente scolastico. Ma il ministero ha detto che, se il collegio dei docenti e il consiglio di istituto dovessero rifiutare di designarli (due docenti il collegio e uno il consiglio), apertura dovuta alla necessità di superare eventuali comportamenti ostruzionistici, il comitato potrà ritenersi costituto anche senza gli insegnanti. Le disposizioni sono contenute in alcune faq pubblicate sul sito web del dicastero di viale Trastevere (reperibili all’indirizzo: https://www.istruzione.it/snv/docenti_faq.shtml). E se saranno prese alla lettera, potranno determinare non pochi problemi in sede di attuazione.In particolare per quanto riguarda la risposta alla faq n. 13.
Interpretando in via analogica una disposizione generale sulla composizione degli organi collegiali, il ministero, infatti, ha spiegato che non è necessario che tutte le componenti previste dalla legge siano rappresentate nel comitato di valutazione. « Ciò vale, ad esempio», si legge nella risposta «se il Consiglio d’Istituto o il Collegio dei docenti non provvede volontariamente alla scelta dei componenti di sua spettanza». In realtà le cose non stanno esattamente così. La legge 107/2015 prevede espressamente che tra le competenze specifiche del comitato di valutazione vi sia quella di esprimere il proprio parere sul superamento del periodo di formazione e di prova per il personale docente ed educativo. E per svolgere questa funzione deve essere costituito dagli stessi docenti previsti per le funzioni ordinarie, dal dirigente scolastico, che lo presiede e deve essere «integrato dal docente a cui sono affidate le funzioni di tutor». La legge dispone, infatti, che quando opera in questa veste, il comitato non debba includere la componente dei genitori e degli alunni. Dunque, qualora la componente dei docenti non dovesse essere costituita, il comitato non si troverebbe in condizione di operare. Perché trattandosi di un organo collegiale, non si raggiungerebbe il numero minimo di 3 componenti, previsto dal principio del «tres faciunt collegium». Principio secondo il quale, un organo collegiale per operare deve essere costituito almeno da tre persone. Tra l’altro quando le votazioni terminano in pari, è prassi consolidata che prevalga il voto del presidente. E dunque, nel caso del comitato di valutazione, costituito solo dal dirigente e dal tutor, la deliberazione andrebbe a coincidere, necessariamente, con quanto deciso dal preside. Che nel caso specifico deciderebbe due volte la stessa cosa. La prima volta in seno al collegio di valutazione (da lui controllato per effetto della prevalenza del suo voto su quello del tutor) e la seconda volta in sede di decisione finale. E in questo caso si andrebbe a violare il principio del «ne bis in idem», non due volte la stessa cosa. Ciò potrebbe sollevare seri dubbi sulla legittimità degli eventuali decreti di conferma in ruolo dei circa 47.476 docenti immessi in ruolo delle fasi 0, A e B del piano straordinario di assunzioni. Ai quali si aggiungeranno a breve i 55.258 docenti che saranno immessi in ruolo nella fase C. E metterebbe in forse anche la legittimità di eventuali passaggi di cattedra o di ruolo, che necessitano, appunto, della conferma in ruolo. Con tutto il contenzioso che ne seguirebbe.
Il problema non si pone, invece, per quanto riguarda le funzioni ordinarie. Che possono essere svolte anche senza i docenti. Per lo meno dal punto di vista della legittimità formale. Il comitato di valutazione, peraltro, può legittimamente operare anche se non si trova nella veste di collegio perfetto. La giurisprudenza ha spiegato, infatti, che a meno che la legge non preveda i membri supplenti, i collegi possano operare tranquillamente anche se qualche membro risulti assente. Quanto alle mansioni generali, la legge 107 prevede che la competenza ordinaria del comitato consista nell’individuare i criteri per la valorizzazione dei docenti sulla base dei risultati ottenuti dagli alunni ad esito del processo didattico-apprenditivo, della partecipazione alle iniziative di potenziamento delle competenze, sempre degli alunni e degli incarichi svolti in materia di coordinamento organizzativo, didattico e nella formazione del personale.
Sulla base di questi criteri i dirigenti scolastici elargiranno dazioni in denaro a docenti da loro individuati, traendole da un apposito fondo che sarà assegnato annualmente alle istituzioni scolastiche, la cui entità si aggirerà mediamente sui 24mila euro. Le dazioni dovranno essere erogate sulla base di motivata valutazione e avranno natura di retribuzione accessoria, sottoposte ad una imposizione che si aggirerà nell’ordine di circa un terzo dell’importo. L’istituto rappresenta un caso unico di rilegificazione in materia di retribuzioni nel pubblico impiego, finora appannaggio della contrattazione.