Nella mia oramai lunga carriera professionale, mi è capitato più volte di “rimpiangere” i dirigenti scolastici di “vecchio stampo”.
I quali sapevano, in qualche caso, come stimolare, coinvolgere e motivare con relativo successo il personale docente; sapevano valorizzare e gratificare, sia dal punto di vista economico che morale, i soggetti cooptati negli incarichi aggiuntivi di supporto alla dirigenza. I “nuovi” capi di istituto, sedicenti o presunti “presidi manager”, non sono in grado di fare altrettanto, ma si limitano a circondarsi di una cerchia, alquanto ristretta ed autoreferenziale, di leccapiedi, di cortigiani e signorsì, perlopiù cialtroni, assai improvvisati ed inetti, mossi da interessi venali. I “nuovi presidi” si preoccupano esclusivamente di applicare ed osservare in maniera rigida ed ottusa le direttive burocratiche calate dall’alto delle gerarchie istituzionali. Sono burocrati e non manager. Sono burocrati e non dirigenti.
I vecchi direttori didattici, invece, erano in primis figure di psico-pedagogisti, vale a dire esperti di pedagogia e di didattica. Ed in quanto tali, molti possedevano le competenze per fornire stimoli, riflessioni e idee utili al personale docente. Non sempre era così, è ovvio, poiché i cialtroni e i burocrati ottusi ed arroganti erano presenti anche in quel ruolo ed in quel contesto storico, ma i dirigenti scolastici del passato vantavano un altro profilo giuridico e professionale: possedevano prevalentemente una preparazione culturale in termini di psico-pedagogisti. I dirigenti scolastici odierni non posseggono tali competenze in materia didattico-pedagogica e si sono formati esclusivamente sul versante tecnico-normativo ed amministrativo.
Lucio Garofalo
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