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Lettera a Bussetti, sulla questione meridionale scrive una docente del Nord che lavora al Sud

Caro Ministro Bussetti,

sono un’insegnante del Nord che lavora al sud, ma non sud e basta, proprio Sicilia che è sud sud. Pensi che io e un altro nutrito esercito di colleghi eravamo convinti che per risanare il gap tra scuole del nord e scuole del sud ci volesse un aiuto concreto di tutti e in particolar modo della politica. Pensi che non ci eravamo arrivati a quella logica, assennatissima conclusione che lei ha avuto la Grazia di rivelarci, a mo’ di epifania, ai microfoni, giusto poco fa.

Bastava che ci impegnassimo forte. Dico, era così ovvio e lampante. Sacrificio e lavoro. Colleghi del sud, dico a voi, possibile che non ci avessimo pensato? Offuscati come eravamo dal cronico torpore della gente del meridione, impegnati nel lungo processo digestivo della cassata, intenti ad abbronzarci sugli assolati lidi, forse ipnotizzati dai ritmi delle tarantelle davvero ci era sfuggito che il secolare divario tra scuole del nord e scuole del sud fosse immediatamente recuperabile impegnandoci forte? Che poi, forte. Per forte cosa si intende? Forte come dispendio di energia fisica modello super muscolo (a volte le ore in classe sono in effetti un continuo braccio di ferro) , come tono di voce, come categoria dello spirito? Per un impegno FORTE , di preciso, cosa ci consiglierebbe, Signor Ministro?

Perché se svegliarci tutte le mattine di buon ora, affrontare classi numerose cercando di rimanere al passo coi tempi, con le riforme, con i necessari aggiornamenti didattici, con contenuti sempre nuovi, compilare il registro elettronico e casomai pure il cartaceo, preparare le lezioni persino con supporti multimediali, cercare di interessare ragazzi e ragazzi sempre più difficili da interessare, in competizione con un universo di informazioni accattivanti, eterogenee, libere, ideare verifiche, correggere compiti, ovviare alle lacune di un’istituzione perennemente in deficit, spendere di tasca propria pur di fare cose buone, e belle, e morali, essere empatici per educare all’umanità, all’affettività, gestire trenta persone a volta, in due ore settimanali arrivando a fine quadrimestre con un numero sufficiente di valutazioni e un programma ciclopico interamente svolto (io insegno Disegno e Storia dell’Arte), sopportare Lim che non funzionano, internet intermittente, umidità imperante, riscaldamento a giorni alterni, una infausta politica di tagli, spese a carico del comune sempre rinviate (lo sa vero che i comuni da queste parti non è che se la passano benissimo?), ecco, se tutto questo, dico, non è sufficiente, siamo un poco a corto idee.

Questa scarsa creatività certo dipende dalla mancanza di imprenditorialità delle genti del Mezzogiorno, che ancora sono alle prese con valvassini e valvassori e capisco che per gli illuminati dal Lume della Ragione Padana sia difficile comprendere come mai da queste parti possiamo davvero aver anche solo accarezzato l’idea di impegnarci forte come i colleghi del nord. Guardi, sa cosa le dico? Grazie, grazie per questa lezione di umiltà, per questo vigoroso schiaffo in faccia. Ne avevamo bisogno. E spero che anche il Ministro della Sanità si rivolga ai pazienti del sud con un incoraggiamento come il suo, che tempra e rinvigorisce.

Non aspettate che siano gli altri a guarirvi, dateci dentro con l’automedicazione! Un po’ di olio di gomito e iniziativa! E’ ora di smetterla con questa idea arcaica che servano fondi in una terra messa economicamente in ginocchio, con tassi di disoccupazione stellare e schiere di giovani pronti a partire. Ragazzi, abbiamo sbagliato tutto. Bastava impegnarci forte, anzi dai, per dare un suono bossiano all’affermazione, bastava impegnarci duro. Oppure, sentite che ideona, potremmo convincere i colleghi del nord a impegnarsi meno così il gap si recupera lo stesso, verso il basso. Dai che li invitiamo a mangiare cannoli sulla spiaggia. Tanto ci pagano uguale no?

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