La Corte di Cassazione è tornata sui propri passi circa il trattamento da riservare alle pause caffè dei dipendenti pubblici: secondo un recente pronunciamento, se non si timbra il badge in uscita e rientro, si rischia addirittura una denuncia per truffa.
Nel dettaglio, il caso che ha portato la Suprema Corte a questa conclusione riguardava il direttore di un mercato ortofrutticolo comunale, accusato di truffa aggravata per aver falsificato le ore di lavoro prestate. Secondo l’imputazione, egli non avrebbe dovuto calcolare tra le ore lavorative i periodi trascorsi al bar oa casa a pranzo, senza registrare l’uscita e il rientro con il badge.
La Cassazione dà ragione dunque all’accusa, stabilendo che la manipolazione dei dati sulla presenza costituisce effettivamente truffa ai danni della pubblica amministrazione, poiché consente di percepire compensi non dovuti. La difesa del direttore, che riteneva le sue azioni rientrassero nella prassi consolidata delle “brevi refezioni” previste dai contratti, è stata respinta. Le intercettazioni, infatti, dimostrerebbero come le pause fossero sistematiche e prolungate.
Con questa sentenza, la Corte fa marcia indietro rispetto a un precedente pronunciamento del 2021, che definisce la pausa caffè una pratica comune negli uffici. Ora i dipendenti pubblici sono avvisati: attenzione a timbrare sempre l’ingresso e l’uscita, altrimenti il ??rischio è quello di vedersi arrivare una denuncia per truffa. Anche piccole somme indebite, infatti, integrano il reato se comportano un ingiusto profitto a danno delle casse pubbliche.
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