Tra gli adempimenti a cui alcuni docenti dovranno far fronte alla riapertura delle scuole c’è anche la richiesta avanzata dai presidi di sostituire il registro cartaceo, in uso da settembre, con il registro elettronico, aggiornandolo con i dati pregressi.
Ma è un’operazione rischiosa, le scuole che optano per il registro elettronico potrebbero vedersi annullare scrutini ed esami dai Tar.
L’introduzione del cosiddetto registro elettronico, infatti, potrà essere considerata pienamente legittima quando il ministero dell’istruzione, in attuazione delle disposizioni contenute nell’articolo 7, comma 27, del decreto legge 95/2012, provvederà ad emanare il piano per la dematerializzazione delle procedure amministrative.
Tale piano avrebbe dovuto essere emanato entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto 95/2012 ma, a tutt’oggi, l’amministrazione centrale non ha ancora provveduto, fatta salva una nota, di carattere meramente interlocutorio, emessa il 3 ottobre 2012 (n.1682/U). Oltre tutto, ai fini della validità di qualsiasi documento amministrativo in formato informatico, è necessario che esso venga sottoscritto dal pubblico ufficiale con firma digitale. Così come previsto dall’articolo 21, comma 2, del codice dell’amministrazione digitale (decreto legislativo n.82/2005 come riformato e vigente). Il che significa con un particolare tipo di firma elettronica avanzata, basata su un certificato qualificato e su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, correlate tra loro. Che consente al titolare, tramite la chiave privata e al destinatario, tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici (si veda l’articolo 1, comma 1, lettera s) del decreto legislativo 82/2005). Solo in questo caso il documento informatico può sostituire il documento cartaceo.
Giova ricordare, peraltro, che l’osservanza delle disposizioni fin qui enunciate è assolutamente necessaria anche ai fini della compilazione dei registri elettronici, a pena di nullità degli atti formati in violazione delle medesime. Ciò perché i docenti, all’atto della compilazione del registro di classe o del professore, agiscono in veste di pubblici ufficiali (si vedano le sentenze della V sezione penale della Corte di cassazione n.12726/2000 e n.714/2010). Di qui l’opportunità di evitare il più possibile l’adozione di iniziative «fai da te» che potrebbero compromettere la legittimità dei procedimenti amministrativi collegati alla documentazione dei processi didattico-apprenditivi, ad esito dei quali vengono formati gli atti relativi alla valutazione degli alunni. Quanto al costo degli strumenti informatici necessari ad implementare il piano (che il comma 32 dell’articolo7 del decreto legge 95/2012 vorrebbe senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica) esso non può che essere a totale carico dell’amministrazione scolastica. In caso contrario, l’attuazione del piano si tradurrebbe in una perdita salariale a danno dei docenti interessati, peraltro, non prevista dalle relative disposizioni. Di qui l’invalidità di eventuali accordi di segno contrario sottoscritti a livello di singola scuola con le Rsu. Fermo restando, però, che la retribuzione dei relativi adempimenti a carico degli insegnanti non può che rientrare nella retribuzione ordinaria essendo, tali adempimenti, previsti dall’articolo 29 del vigente contratto di lavoro.
Ugualmente illegittima è la prassi invalsa presso diverse istituzioni scolastiche, secondo la quale i docenti vengono costretti a ricopiare i voti contenuti nei registri cartacei in appositi spazi web, utilizzando uno o più pc della scuola oppure direttamente dal pc di casa. Che se da una parte salva la legittimità degli adempimenti cartacei, dall’altra impone ai docenti interessati un raddoppio di oneri, già di per sé non legittimo in quanto non previsto dal contratto di lavoro. Tale aggravio di oneri, peraltro, oltre ad aumentare il rischio di errori materiali, si traduce in una deroga peggiorativa delle condizioni di lavoro contrattualmente previste di per sé illegittima e, dunque, potenzialmente foriera di ulteriore contenzioso.
Carlo Forte