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Ricetta per una nuova scuola, lettera

Non più maestro, insegnante, professore: basta una sola parola, “Docente”. Un docente (dal latino doc?re, insegnare), è chi, nella sua attività professionale, ha il compito di insegnare una qualsiasi materia o argomento in strutture come scuole e università.
Non più alunno, scolaro, liceale, universitario: basta una sola parola, “discepolo” (discepolo deriva dal latino discipulus, cioè da discere, cioè apprendere);
Il compito quindi di educare non spetta né al Preside, né all’insegnante. Il docente si deve aspettare solo di ricevere dalla classe il rispetto, la collaborazione, l’ordine, la disciplina e il silenzio, se non si è invitati a parlare.

Ai miei tempi, (siamo nel 1949), prima di entrare in classe si sostava nel cortile, strisce per terra per segnare la classe dove stare allineati. Infine il fischietto del bidello per indicare il silenzio e incamminarsi, una classe per volta, verso le rispettive aule.
Ci hanno abituati a entrare nell’Istituto come in Chiesa perché la scuola è il “Tempio della cultura”.

Oggi non si contano gli atti di vandalismo, la violenza agli insegnanti; questi comportamenti non sono ragazzate; anche se minorenni, i bulli (ragazzi o ragazze che siano) sanno bene quello che fanno e il Codice Penale deve esistere anche per loro. Qualche giorno di carcere non farà loro male! Ci penseranno due volte prima di rifarlo! Signori Docenti, quando mettete le note inviatele ai genitori e, per conoscenza, al primo Distretto di Polizia, Questi giovani non sono degni di frequentare la Scuola statale.
Diceva mio padre che, quand’era in quinta elementare (nel 1910), un suo compagno di classe (non sa cos’avesse combinato) era stato “escluso da tutte le scuole del Regno”. Cioè non era degno di stare in qualunque scuola e, se voleva continuare gli studi, i genitori dovevano provvedere a proprie spese e in privato. La Polizia, e non il Consiglio di classe, emetta il provvedimento di esclusione dalle scuole statali .

I bambini che frequentano la scuola materna sono abituati all’educazione, al rispetto, all’ordine, alla condivisione, all’empatia, alla collaborazione, alla musica, alla creatività e le educatrici sono attente che non alberghi in loro la prepotenza (il seme del bullismo), l’avarizia o la gelosia. (Sappiamo che i gelosi, crescendo diventano potenziali assassini).

Purtroppo molti, troppi genitori hanno abdicato al loro ruolo di educatori.

Dotate i discepoli di una divisa, segno di distinzione e di appartenenza alla scuola, e provvedano a ciò le istituzioni se la famiglia non se lo può permettere. Forse così debelleremo il bullismo.
Giunti a questo punto per estirpare il problema alla radice, la scuola dell’obbligo dovrebbe incominciare a tre anni. Sarebbero contenti specialmente i genitori che hanno un unico figlio e le tante nuove maestre che , dopo un periodo di prova,dimostrino e infondano amore per il delicato lavoro a cui saranno chiamati.

Ugo Minafra

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