Ritorniamo ancora sul tema scuola perché convinti che il futuro del nostro Paese, checché se ne dica, dipende dalla scuola, nel senso che se non avremo una scuola capace di trasmettere in primo luogo saperi e, poi, anche di formare cittadini, non riusciremo a dare a dare un avvenire ai nostri figli. Lo facciamo avendo presente i dati drammatici che mostrano, anche in questo delicato comparto, un’ulteriore divaricazione fra la Sicilia e il resto del Paese.
È giusto chiederci da cosa dipenda questo non accettabile divario che ci mette in seria difficoltà rispetto ad altri Paesi. La risposta corrente è la mancanza di risorse; il mondo della scuola sarebbe stato considerato meno importante di altri settori d’intervento e la mancanza di adeguati finanziamenti ne sarebbe la spia evidente. Una risposta abbastanza corretta se è vero che i nostri docenti sono fra i meno pagati d’Europa, che l’edilizia scolastica è veramente carente, che proprio la limitatezza delle risorse disponibili impedisce la promozione di tutte quelle attività che dovrebbero integrare i programmi scolastici.
Si tratta di una risposta, questa, che dunque prende atto di un vincolo obiettivo ma che tuttavia ci convince solo in parte. A nostro avviso é necessario andare oltre per chiedersi innanzitutto, che cos’è la scuola e quali siano i compiti della scuola visto che, pare, pur essendo ovvi non siano chiari a chi dovrebbe intervenire.
La scuola, a nostro avviso, ha due compiti: trasmettere alle nuove generazioni la cultura del passato e attrezzare i giovani perché essi siano in grado di svolgere la loro parte nella società’ in cui vivranno da adulti. La trasmissione della cultura del passato è necessaria perché su questa cultura si costruisce la formazione, quella cultura fornisce dunque le basi su cui costruire. Ma altrettanto importante è preparare i ragazzi a vivere in una società che, quando usciranno dalla scuola, s’inoltrerà per il loro futuro. Questi due compiti, tuttavia, vanno equilibrati, sarebbe grave, gravissimo che l’uno prevaricasse sull’altro come è invece accaduto in molti casi in questi anni segnati dal generale disinteresse per il settore. Da questo punto di vista la scuola e il mestiere dell’insegnante sono diversi da ogni altra istituzione e da ogni altro mestiere della società, dato che hanno a che fare non con il presente, con la società come è adesso, ma con il futuro e con la società come sarà nei decenni successivi. Basta questa considerazione per farci capire che il problema della scuola non sia uno dei tanti problemi della nostra società ma che sia forse il problema principale sul quale si deve accendere il focus dell’attenzione, un problema che non si risolve certamente offrendo solo maggiori risorse ma, soprattutto, avendo chiare le idee su che cosa vogliamo che la scuola sia.
In poche parole, se debba essere un momento di semplice parcheggio, come taluni vorrebbero considerato che trascurano l’aggiornamento dei docenti e fanno dell’istituzione una fabbrica per collocare disoccupati, ovvero l’opposto, cioè l’officina per la nuova società. Propendiamo, naturalmente, per questa seconda soluzione ma siamo convinti che per raggiungere questo obiettivo è necessaria la collaborazione di tutti, cominciando dal corpo docente che deve riscoprire il valore missionario dell’insegnamento, coltivare il merito e stimolare quanti per continuare hanno bisogno d’aiuto. Ma devono collaborare anche le famiglie che, come ricordava Giovanni Leone, “non si possono limitare a mandare i figli a scuola ma che giorno dopo giorno debbono costruire in essi la consapevolezza che a scuola si va per prepararsi alla vita”.
Infine, gli studenti che debbono scoprire che le scorciatoie non portano da nessuna parte e che, piuttosto che andare appresso a miti vuoti, sognando improbabili rivoluzioni che li assolvano dalla fatica, dovrebbero mettere negli studi un supplemento d’animo in più, ricordando loro, con Aristotele, che lo studio è poi la migliore previdenza per la vita..
Pasquale Hamel