Luigi Grassia
Sempre piĆ¹ precario e sempre meno pagato. Ć cosƬ che sta diventando il lavoro in Italia, dove lo stipendio di un dipendente a termine si ferma in media a poco piĆ¹ di mille euro, inferiore di circa il 25% a quello di chi ha un posto fisso. A certificarlo sono i numeri raccolti dallāIstat nel Rapporto annuale sulla situazione del Paese.
Nel 2012, dice il rapporto, la retribuzione mensile netta di chi ha un contratto a tempo determinato ĆØ stata di 355 euro inferiore alla media: uno dei tanti Ā«controĀ» dei rapporti di lavoro flessibili, su cui poi incombe anche lāincertezza per il futuro. Che le buste paga dei precari siano piĆ¹ leggere non ĆØ scontato; anzi, secondo logica la precarietĆ potrebbe essere compensata da qualcosa di piĆ¹ un busta (allāestero succede).
Il confronto dellāIstituto di statistica ĆØ limitato ai dipendenti full time, senza contemplare i rapporti ancora piĆ¹ deboli come i part time. Ma giĆ cosƬ per il lavoratore a scadenza la perdita ĆØ di un quarto dello stipendio che nel 2012 si ĆØ fermato a 1.070 euro medi.
Il divario a svantaggio dei precari ĆØ dovuto a piĆ¹ ragioni, anche se ormai puĆ² essere considerato una costante. In parte la distanza deriva da aspetti legati allāetĆ o alla professione. Ma lāIstat osserva che Ā«le differenze permangono anche a paritĆ di caratteristicheĀ» e aumentano fino ad arrivare a quasi 400 euro Ā«al crescere dellāanzianitĆ lavorativaĀ», visto che il tempo determinato non prevede scatti di anzianitĆ .
Resta vero che in tempi di crisi pur di trovare un impiego si ĆØ disposti ad accettare retribuzioni piĆ¹ basse, basti pensare che i cosiddetti atipici nel 2012 hanno superato quota 2 milioni 800 mila. Il problema ĆØ che, spiega sempre lāIstat, Ā«la crescita dei lavoratori a tempi determinato e dei collaboratori si accompagna a una diminuzione della probabilitĆ di transizione verso lavori standard e a un aumento delle transizioni verso la disoccupazioneĀ». In parole povere chi lascia il lavoro precario finisce piĆ¹ facilmente disoccupato che occupato a tempo pieno.
Ć interessante notare che il gap che separa i dipendenti a tempo determinato da quelli con posto fisso sia quasi lo stesso che passa tra un lavoratore straniero e uno italiano (-25,8%, 968 euro a fronte di 1.304 euro). La retribuzione mensile netta per gli stranieri – prosegue il Rapporto – ĆØ diminuita a confronto con il 2011, ma non ĆØ andata molto meglio agli italiani, che lāhanno aumentata di soli 4 euro.
La Stampa