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Alla Scuola, con le politiche legate alla crisi economica, dal Governo Berlusconi, nel periodo dal 2008/11, furono tagliati ben 8 miliardi di euro

L’ effetto di questi tagli fu la riduzione progressiva del numero delle classi con il conseguente aumento del numero degli alunni nelle stesse ( le cosiddette classi pollaio) con riduzione parallela degli organici dei docenti e del personale ATA.

Altro effetto fu il taglio di alcuni insegnamenti con la riconversione degli insegnanti sull’insegnamento di altre discipline o sul sostegno.

Ridurre , tagliare che furono tradotti con il verbo razionalizzare (la spesa) , con tagli verticali, furono le formule in politichese per descrivere il più grande fenomeno di dismissione educativa che ancora oggi non è stato sanato da tutti i governi che si sono alternati dal 2011 ad oggi ( Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte 1 e 2).

Il risultato di questi tagli ingenti ha determinato una crisi del sistema scolastico statale in termini di declino della qualità dell’ offerta formativa nei confronti delle nuove generazioni in particolare di quelle più svantaggiate.

I tagli di spesa su classi e organico hanno creato poi un impoverimento del “capitale umano” con i fenomeni sempre più evidenti della dispersione scolastica, dell’abbandono scolastico, dell’analfabetismo funzionale e addirittura dell’alfabetismo di ritorno.

I giovani appartenenti ai ceti meno abbienti e culturalmente più deprivati, sono stati quelli più danneggiati, sono quelli che oggi costituiscono l’esercito della disoccupazione giovanile , coloro che non trovano lavoro oppure non lo cercano più.

Giovani con diplomi in tasca che non hanno alcun valore reale se non quello legale in quanto sono stati conseguiti senza un vero accertamento di conoscenze che oggi la scuola non offre più.

Oggi ai giovani italiani è dovuto un vero e proprio risarcimento e bisogna farlo proprio con i fondi europei.

I giovani devono avere una scuola statale a livello delle scuole degli altri Paesi europei che sull’istruzione non hanno mai tagliato.

Ecco che quando si parla di istruzione e di spendere la quota di Recovery Fund per la Scuola, bisogna utilizzarla per risarcirla di quei tagli di 8 miliardi, quando la scuola fu chiamata, più sacrificata rispetto ad altri settori, a contribuire al contenimento della recessione economica, con la riduzione di classi e organico.

La cultura è qualcosa che non si mangia, diceva allora il colto ministro Tremonti, quando sulla scuola si effettuavano questi tagli di 8 miliardi.

Quindi il governo di Mario Draghi e il Ministro Patrizio Bianchi agiscano secondo una linea di investimenti risarcitori.

La prima necessaria e indispensabile azione da fare è ridurre il numero degli alunni nelle classi e ripristinare gli organici necessari.

Libero Tassella SBC

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