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Graduatorie ad esaurimento- Il giudice del lavoro di Firenze dà ragione a un docente, il reinserimento spetta sempre anche a chi non è ha fatto richiesta

Il reinserimento in graduatoria a esaurimento spetta, anche se tra un aggiornamento della posizione e l’altro non è stata presentata la richiesta di permanenza prevista dall’art. 1, comma 1 bis, del decreto legge n. 97/2004, convertito nella legge 143 del 2004.
Una docente della provincia di Firenze, nel biennio 2007/2009 risultava iscritta nella graduatoria a esaurimento della scuola primaria con riserva di conseguimento della laurea in scienze della formazione. Non avendola conseguita né avendo prestato alcun tipo di servizio valutabile, non aveva chiesto la conferma per il successivo biennio 2009/2011 (decreto ministeriale n. 42 del 2009). L’aveva richiesta, invece, dopo il conseguimento della laurea, per il triennio 2011/2014 (decreto ministeriale n. 44 del 2011), ma il competente ufficio scolastico provinciale non l’aveva accolta.
Presentato ricorso al giudice del lavoro di Firenze, questi ha dato ragione alla ricorrente, sentenza del 17 maggio scorso. Il giudice ha dovuto decidere tra la tesi sostenuta dall’amministrazione, secondo cui una graduatoria ad esaurimento per sua stessa natura non consente nuovi ingressi e in tal senso lo prevedevano anche i decreti ministeriali del 2007, del 2009 e del 2011 emanati per aggiornare la posizione degli iscritti, e quella dell’interessata, secondo cui, iscritta nel 2007 ed esclusa nel 2009, la sua esclusione si doveva considerare solo temporanea, rimediabile con una successiva domanda
di aggiornamento, quando avesse potuto sciogliere la riserva con la quale era stata iscritta la prima volta.
A far pendere la bilancia a favore della docente è stata proprio la disposizione del decreto legge n. 97 del 2004, ai sensi del quale, art. 1, primo comma bis, la cancellazione dalla graduatoria per mancata presentazione della domanda è solo temporanea e il reinserimento avviene su richiesta degli interessati in sede di aggiornamento della graduatoria. La disposizione, che riguardava le graduatorie permanenti, continua a essere in vigore, anche dopo la loro trasformazione in graduatorie a esaurimento, e che sia ancora in vigore lo certifi ca, un po’ contraddittoriamente, lo stesso ministero che nelle premesse ai tre decreti del 2007, del 2009 e del 2011 cita espressamente il decreto legge, che ha introdotto la disposizione di salvaguardia. È anche significativo il richiamo operato dal giudice fiorentino alle argomentazioni della giustizia amministrativa in relazione al caso di una docente che non aveva presentato domanda di reinserimento o meglio l’aveva presentata in ritardo e per questo non era stata reinserita. Il tribunale amministrativo, al quale aveva presentato ricorso, ha adottato una decisione a lei favorevole, sentenza n. 21793 del 2010.
Per i giudici amministrativi la ratio della normativa sulle graduatorie permanenti, poi a esaurimento, non è quella di operarne uno sfoltimento purchessia ma di cancellare solo i docenti che effettivamente non hanno più interesse a mantenere l’iscrizione. Occorre, quindi, per il rispetto dei diritti di uguaglianza, di imparzialità e di buon andamento della pubblica amministrazione, che ci si accerti che gli interessati abbiano effettiva consapevolezza delle conseguenze negative derivanti dalla mancata presentazione della domanda. I citati decreti sarebbero quindi illegittimi, secondo l’interpretazione costituzionalmente orientata data dai giudici, nella parte in cui non prevedono l’obbligo di avvertire gli iscritti che se non presentano domanda di conferma entro un termine prefissato la loro posizione viene cancellata. Si tratta, come si vede, di una decisione a tutela dei diritti dei precari della scuola, ai quali devono essere mantenuti aperti i canali per l’accesso al lavoro, e di un chiaro avvertimento all’amministrazione scolastica, invitata a garantire la partecipazione ai procedimenti amministrativi dei cittadini amministrati, in attuazione della legge sulla trasparenza amministrativa n. 241 del 1990.

DI MARIO D’ADAMO – ItaliaOggi

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