Roma, 11 marzo – Dopo mesi di dichiarazioni ufficiali e titoli di giornale che annunciavano la fine del numero chiuso per l’accesso alla facoltà di Medicina, il voto di oggi ha generato più dubbi che certezze. Il provvedimento approvato, infatti, non elimina realmente il sistema selettivo, ma lo trasforma in un meccanismo di accesso basato sulle performance universitarie.
Secondo la deputata del Movimento 5 Stelle Marianna Ricciardi, il governo starebbe “illudendo gli studenti” con una riforma che, nella sostanza, non garantisce maggiore equità o merito, ma rischia di favorire le raccomandazioni e di accentuare le disparità tra gli atenei. Ricciardi, membro della Commissione Affari Sociali della Camera, ha sottolineato come il nuovo sistema preveda un primo semestre aperto a tutti, per poi introdurre una selezione basata sui voti ottenuti nei singoli esami universitari. Questo approccio, secondo l’esponente pentastellata, potrebbe creare squilibri tra studenti provenienti da diverse università, dove i criteri di valutazione potrebbero variare sensibilmente.
Il Movimento 5 Stelle ha deciso di non partecipare alla votazione, denunciando l’assenza di un vero dibattito e la mancanza di trasparenza nel processo decisionale. Ricciardi ha anche affermato che, sebbene alcuni esponenti della maggioranza abbiano espresso privatamente dubbi sulla riforma, hanno continuato a sostenerla pubblicamente per motivi politici.
La questione del numero chiuso in Medicina è da anni un tema centrale nel dibattito pubblico italiano. Da un lato, c’è chi sostiene che un accesso più ampio potrebbe colmare la carenza di medici nel Servizio Sanitario Nazionale. Dall’altro, vi sono timori legati alla qualità della formazione e alla sostenibilità delle strutture accademiche.
Per gli aspiranti medici e le loro famiglie, il futuro rimane incerto. Se da un lato il nuovo sistema sembra aprire le porte a più studenti, dall’altro potrebbe rendere ancora più difficile la programmazione di una carriera accademica, aumentando il rischio di incertezze e squilibri.
Il dibattito è destinato a proseguire, e nei prossimi mesi sarà fondamentale capire se la riforma produrrà gli effetti sperati o se, come temono alcuni, si tradurrà in un’altra occasione mancata per garantire un sistema universitario più equo ed efficace.
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