Ma sì, certo, mettiamoci subito questi 100 milioni chiesti dal Ministro al Governo (che fanno meno di 100 euro lordi all’anno e quindi 4 euro in più a testa mensili in media).
Aggiungiamo i 300 milioni di valorizzazione del personale docente che dovevano andare ai pochi eletti e li diamo a tutti (altri 12/14 euro netti in media mensili). Avremmo concluso il contratto 2019/2021, che è solo una cambiale scaduta, con un totale medio di 50/70 netti mensili in media. Fin qui, è andata come è andata.
Ma un Ministro che parla di aver dato dignità ai docenti con un “consistente” aumento di stipendio non si può sentire.
E’ stata data dignità con una sessantina di euro mensili in media sui tre anni trascorsi che sono diventati quattro?
E’ il più importante aumento degli ultimi rinnovi contrattuali quando alle spalle c’è un solo rinnovo, quello del 2016/2018 che distribuiva solo una decina di euro in meno di questo e, andando più indietro, stipendi bloccati dal 2009, cioè da 13 anni?
Siamo nella media dei Paesi europei che hanno fatto l’Unione? Siamo più vicini a chi lavora nella pubblica amministrazione con lo stesso titolo di accesso che è la laurea dall’infanzia alle superiori?
Ma poi che si fa rispetto al 2022, 2023 e 2024, gli anni che stiamo vivendo già consumati per un terzo? Nulla fino ad oggi di nuovi stanziamenti e nulla nella legge di stabilità che sarà approvata a fine dicembre 2022.
Significa che questo contratto 2019/2021 chiude il ciclo contrattuale, comprensivo del 2022 (anno della massima inflazione del XXI secolo con la perdita secca del valore dello stipendio almeno del 10% e quindi dai 150 ai 200 euro netti mensili) e restano lì tutte le chiacchiere elettorali? Chissà per quanto tempo, c’è sempre qualcosa di più urgente da affrontare e si resti pure a dormire sui nuovi contratti triennali 2022/2024, li chiuderemo nel 2025 se va bene e ne riparleremo per tutte le prossime campagne elettorali.
Da gennaio 2023 il semplice buonsenso di una categoria, storicamente maltrattata dalla politica su suggerimento dei poteri economici forti che vogliono dividere la torta delle risorse pubbliche disponibili solo fra di loro, suggerirebbe una forte reazione sindacale, di protesta e di lotta che si basi su una nuova piattaforma (non le tre cifre al lordo) per il rinnovo del contratto 2022/2024 che abbia dentro le due fondamentali direttrici dello stipendio rivalutato su base europea e di parità di trattamento economico con gli altri settori della pubblica amministrazione, che riveda i criteri interni della lunghezza temporale delle fasce di anzianità (primo scatto assurdo dopo otto anni e l’ultimo incremento dopo trentacinque quando si va in pensione con almeno 42 anni di lavoro, dell’equità fra i diversi gradi di scuola dall’infanzia alle superiori, dalla imposizione di uguale trattamento economico di un pubblico ufficiale, come è un docente, dalla Sicilia a Trieste senza discriminazioni regionali).
Questo si fa, come si è sempre fatto, con una nuova coscienza sindacale della categoria che non significa solo adesione o contestazione ai capi degli attuali sindacati della scuola, ma partecipazione attiva alle scelte che vengono fatte in ogni singola scuola dato che in ogni singola scuola ci sono le rappresentanze unitarie sindacali, si fa aderendo agli scioperi e alle manifestazioni magari aggiungendo una sollecitazione alla propria parte politica, qualunque essa sia per arrivare in Parlamento e nei Governi. Tutto quello che non si è fatto finora. Mentre rimane quella che è diventata una caratteristica storica della categoria degli insegnanti e delle insegnanti italiane, la lamentela sui social e si trovi qualcun altro a metterci la faccia della protesta o della propaganda.
Non riguarda solo i docenti ma se riguarda qualcuno a proposito di stipendi medi italiani di chi lavora e diventa sempre più povero, le categorie della scuola stanno certamente in testa alla classifica.
In particolare, circa anche la scarsa considerazione sociale, delle famiglie, persino negli stessi ragazzi, della figura del docente, bisognerebbe ricordare un principio universale che fa dello stipendio riconosciuto a una professionalità la misura anche del suo posto in società, vali poco, sei pagato poco e viceversa.
Ogni Ministro, se si parla di soldi, si adatta, non c’è alcuna diversità dagli anni di Monti/Fornero, dei Ministri PD e renziani, di quelli dei pentastellati con Lega, dei pentastellati con PD, dei pentastellati con Draghi, del PD di Veltroni o di Letta, della destra della Meloni, dei Salvini o di Berlusconi con la srl Calenda e Renzi, non c’è purtroppo anche nella sinistra più a sinistra o che si ritiene tale e nei vertici sindacali per la loro inadeguatezza non perché il Sindacato non serva, anzi, guai se non ci fosse.
Non c’è nella testa degli stessi diretti interessati che sono i docenti e gli ATA, non si spiega altrimenti come il massimo della partecipazione agli scioperi negli ultimi sette anni sia stato del 17,5% mentre l’82,5% evidentemente approva o si nasconde con ogni scusa.
E si dovrebbe sapere che nessuno regala niente.
Salvatore Salerno
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