HomeScuolaApprovazione DL 36, la nostra intervista esclusiva alla senatrice Angrisani

Approvazione DL 36, la nostra intervista esclusiva alla senatrice Angrisani

Con voto di fiducia alla Camera, dopo la prima lettura in Senato, è stato approvato definitivamente il DL 36/2022. La legge di conversione – Legge 79 del 29 giugno 2022 – è già pubblicata in Gazzetta Ufficiale.

Intervistiamo la Senatrice Luisa Angrisani, Campana di Sarno ( Sa) insegnante di scuola primaria, ex Movimento 5 Stelle ora nel gruppo Uniti per la Costituzione – C.A.L. (Costituzione, Ambiente, Lavoro) – Alternativa – P.C. – Ancora senatrice Angrisani Italia – Progetto SMART – I.d.V.)

Senatrice Angrisani, qual è la sua valutazione su un Decreto che cambia in modo così radicale la formazione iniziale, il reclutamento degli insegnanti della scuola secondaria e la formazione continua di tutti gli insegnanti in servizio?

Il mio giudizio sul decreto è assolutamente negativo. Il nostro Paese si sta ormai abituando a repentini cambiamenti per cui una riforma non “riesce” neanche ad entrare in vigore che già una nuova è alle porte, pronta a spazzare via la precedente e a riscrivere daccapo le regole del sistema. La scuola, invece, avrebbe urgente bisogno di norme chiare, certe e, soprattutto, stabili. Ad esempio, si parla da anni di una riscrittura del testo unico della scuola, il dpr 297 del 1994, di cui non si vede mai traccia. I temi che lei cita – formazione iniziale e in servizio e modalità di reclutamento dei docenti della secondaria – sono componenti essenziali per assicurare il buon andamento del sistema dell’istruzione pubblica ma ormai è consuetudine, con l’uso della decretazione d’urgenza, cambiare “in corsa” le regole, introducendo spesso nella legislazione di settore disposizioni in deroga o proroghe delle deroghe stesse. Sembra, quasi, che nessuno riesca ad assicurare gli elementi indispensabili per innalzare la qualità nel settore dell’istruzione pubblica: visione strategica e stabilità normativa.

Le riforme si fanno per il benessere dei cittadini, per quanto riguarda l’istruzione, dalla riforma ora inserita nel PNRR gli studenti italiani trarranno un concreto vantaggio?

A mio parere dipende molto dall’angolazione in cui si affronta la questione. Se dal lato dell’edilizia scolastica, ad esempio, potranno esserci (spero!) benefici, dal lato del reclutamento, dove l’obiettivo dichiarato è quello dell’aumento della qualità dei percorsi educativi per offrire agli studenti un livello delle conoscenze migliori, ho serissimi dubbi. Oltre le intenzioni, non credo proprio che la riforma appena votata dal Parlamento possa contribuire efficacemente allo sviluppo di tale orientamento: la “Buona Scuola” è un esempio lampante, ed anche piuttosto recente, di come le riforme “calate dall’alto” abbiano molta più probabilità di fallire piuttosto che di avere successo. La questione della retribuzione dei docenti, per esempio, non viene mai affrontata adeguatamente ma la dignità della professione passa anche dall’esigenza di colmare un divario, rispetto ai salari negli altri Paesi europei, che riguarda il personale in servizio nelle istituzioni di tutti i gradi. È un fatto anche culturale, oltreché prettamente economico. Io credo che la soddisfazione professionale sia il primo fattore di sviluppo emotivo ma non di certo in un’ottica di “valorizzazione” mutuata da un contesto, quello dell’amministrazione in generale, del tutto diverso da quello scolastico.

E ancora, la denatalita’ sembra essere utilizzata per prevedere nel Dereto un taglio di 9.600 posti di potenziamento per finanziare la formazione incentivata, un taglio a partire dal 26/27, poco significativo ma preoccupante in quanto costituisce un precedente per successive politiche di tagli di organico , mentre sullo sfondo resta irrisolto l’affollamento nelle aule, negato dal Ministro Patrizio Bianchi, che in prospettiva parla di una diminuzione del numero delle classi e non della diminuzione del numero degli alunni nelle classi.
Cosa ne pensa, Sen.Angrisani?

L’argomento che suggerisce è sintomatico delle modalità con cui si affrontano le questioni. La relazione illustrativa e la relazione tecnica del decreto mettono nero su bianco il fallimento delle politiche demografiche nazionali. Il settore dell’Istruzione ne tratterebbe questo inaspettato “beneficio”, ma a quale prezzo? Se portiamo il ragionamento al paradosso si potrebbe anche affermare, sul lungo periodo, l’inutilità del sistema dell’istruzione pubblica nel nostro Paese se si ragionasse come fa il Ministro! Ricordo che la riduzione del numero degli alunni per classe era uno dei punti programmatici più importanti del Movimento 5 stelle ma mi pare evidente che piuttosto che cercare una reale soluzione si sia preferito non affrontare la questione con adeguati stanziamenti di risorse pubbliche e voltarsi dall’altra parte!

Si sostiene che se da una parte questo decreto porterà
l’ arricchimento degli Enti di formazione, dall’altra un sistema di reclutamento nella scuola secondaria tanto complesso per tappe successive finirà per allontanare dalla professione i giovani che vogliono lavorare nella Scuola, lei cosa ne pensa?
Con questo sistema si riusciranno a reclutare agevolmente gli insegnanti nella scuola secondaria o si è creato uno sbarramento tale per cui in futuro avremo difficoltà a reperire docenti in Italia nei prossimi 5/10 anni, allorquando andranno in pensione i docenti che oggi hanno un’età compresa tra i 55 e i 60 anni ?

Il punto è esattamente questo, a mio parere. Come poter rendere la professione docente tra le aspettative professionali ricercate dalle nuove generazioni e non, come purtroppo troppo spesso accade, come un “paracadute” rispetto ad altri “fallimenti” personali? Per questo le parlavo prima del lato retributivo che, insieme a quello socio-culturale, devono contribuire a ridare quella dignità perduta alla professione. L’attività didattica va inquadrata nella funzione di crescita della società civile e non come solamente in termini di stabilità nella dimensione lavorativa: è da ciò discende che il ruolo che svolge l’insegnante nella società civile e nella classe! Per fare questo, però, serve, anche repentinamente, una svolta, in primo luogo culturale, che coinvolga tutto il settore dell’istruzione, partendo dal Ministero fino ad arrivare alle famiglie che mandano i loro figli a scuola. Gli insegnanti devono tornare a rappresentare, come lo sono stati nel processo di costruzione dell’identità nazionale dopo il 1948, un baluardo nei processi di crescita personale degli studenti. Senza questa ‘sinergia’ collettiva ogni tentativo di riforma burocratica temo sia destinato al fallimento.

In Italia si stipulano ogni anno circa 200.000 contratti a tempo determinato nelle scuole di ogni ordine e grado la qual cosa costituisce una vera anomalia del sistema scolastico italiano che condiziona la qualità del sistema istruzione e rende complesso l’avvio dell’anno scolastico. Le procedure cosiddette transitorie previste nel Decreto 36 ora convertito in Legge non le sembrano ancora una volta incongrue per superare questa annosa anomalia?

Certamente. Tra l’altro ogni disciplina transitoria comporta sempre conseguenze complesse, dettate proprie dall’interpretazione di norme che valgono per un determinato lasso di tempo, solo per alcuni e non per altri. Questo è uno dei dilemmi più grandi del sistema di reclutamento. Non solo non credo che questa riforma non potrà contribuire a combattere il ricorso ai contratti a tempo determinato ma anche in questo caso la “Buona Scuola” renziana dovrebbe costituire un precedente da ricordare. Si diceva che con il nuovo organico dell’autonomia si sarebbe drasticamente ridotto il ricorso dei contratti a termine ma non è andata, purtroppo, in questo modo in quanto il meccanismo assunzionale era strutturato senza tenere nella dovuta considerazione le esigenze dei destinatari delle immissioni in ruolo. Temo che possano ripetersi, in un contesto di riferimento comunque differente, i medesimi errori.

di Libero Tassella

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