Gentile redazione,
vorrei portare all’attenzione dei vostri lettori una riflessione sullo spread tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi, un tema che troppo spesso viene banalizzato o travisato nel dibattito pubblico, anche da esponenti politici di primo piano.
Attualmente, i Bund tedeschi a 10 anni offrono un rendimento del 2,69%, mentre i BTP italiani di pari durata rendono il 3,66%. Questo differenziale – lo spread, appunto – riflette la maggiore rischiosità percepita dei titoli italiani rispetto a quelli tedeschi. In altre parole, l’Italia è costretta ad offrire un rendimento più elevato per attrarre investitori, proprio perché chi investe nei nostri titoli pretende un “premio” per il rischio che si assume.
Chi compra titoli tedeschi, infatti, si accontenta di guadagnare meno (2,69%), ma lo fa in cambio di una maggiore garanzia di stabilità e sicurezza: in Germania il debito pubblico è più contenuto, il sistema istituzionale è più solido, e la fiducia dei mercati è più alta.
Alla luce di questi dati, sorprende – e preoccupa – che il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, possa cadere in una gaffe sostenendo, ad esempio, che i titoli italiani siano “più sicuri” di quelli tedeschi. Un’affermazione del genere sarebbe oggettivamente infondata e rischierebbe di minare la credibilità del nostro Paese sui mercati internazionali, proprio in un momento in cui ogni segnale di affidabilità è fondamentale per tenere sotto controllo il costo del nostro debito pubblico.
È legittimo difendere il proprio operato politico, ma negare i dati economici è pericoloso. La fiducia degli investitori non si conquista con le dichiarazioni ottimistiche, ma con la solidità delle scelte economiche e la coerenza istituzionale.
Cordiali saluti,
Un lettore attento ai conti pubblici
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