Primo, capire quali sono le funzioni essenziali che l’amministrazione pubblica deve svolgere e verificare se il personale è distribuito di conseguenza. Secondo, favorire la mobilità in particolare armonizzando contratti e retribuzioni nei vari settori del pubblico impiego. In materia di personale è questo il programma di lavoro di Carlo Cottarelli, commissario per la revisione della spesa pubblica: un programma che per ora è stato ovviamente solo abbozzato, ma che sarà uno dei banchi di prova più significativi per l’azione dell’ex direttore per la finanza pubblica del Fondo monetario internazionale.
Non si tratta solo di trovare risparmi. La spesa per i dipendenti non è una variabile fuori controllo nel bilancio pubblico: anzi a partire dal 2010 questa voce ha mostrato un calo per certi versi sorprendente in termini nominali, passando da 172 miliardi ai 165,4 del 2012, livello che è previsto ancora in discesa per quest’anno e il prossimo. Ma questi risultati sono stati ottenuti essenzialmente con il congelamento generalizzato delle retribuzioni e la limitazione delle forme di lavoro atipico. Si è anche iniziato a parlare di mobilità, con l’avvio di un percorso che ha portato all’individuazione di 7/8.000 esuberi, da gestire nei prossimi due anni anche con il ricorso al pensionamento anticipato con le regole precedenti alla riforma Fornero.
L’ambizione di Cottarelli e del suo gruppo sarebbe andare oltre questa logica di tagli ancora lineari, per collegare i possibili risparmi con l’efficienza. Per questo tra i temi trasversali a tutti i gruppi di lavoro della spending review c’è anche la verifica dell’effettiva utilità delle varie attività svolte dalle amministrazioni, che comprende anche una valutazione sulla possibilità che le stesse cose le faccia il privato «senza svantaggi per la cittadinanza». E nella stessa logica si chiede poi di capire «quante posizioni sono occupate da personale non assegnato a compiti essenziali (anche tenuto conto delle misure che vengono proposte) e in quali aree il personale è invece insufficiente».
IL PASSO SUCCESSIVO
Una volta fatta questa disamina, il passo successivo ha naturalmente a che fare con i processi di mobilità. Un apposito gruppo di lavoro si occuperà quindi di studiare l’armonizzazione del sistema retributivo e contrattualistico. Il tema non è nuovo: di fatto proprio le differenze di trattamento tra un’amministrazione e l’altra sono uno dei principali ostacoli alla mobilità, anche quando al lavoratore non viene chiesto di spostarsi in un’altra città.
Un esempio può essere illuminante. La Presidenza del Consiglio sta cercando di riportare 33 dipendenti del Dipartimento del Turismo al ministero dei Beni culturali, dal quale si erano spostati circa sei anni fa. Ma questo ritorno non è indolore: comporta una perdita di circa 3-400 euro al mese, perché storicamente Palazzo Chigi garantisce condizioni economiche migliori, anche a parità di lavoro svolto. Con il provvedimento adottato, che inevitabilmente fronteggerà proteste e ricorsi, viene tra l’altro cancellato nel caso specifico un privilegio storico, il diritto di opzione per l’amministrazione con il trattamento più favorevole. D’altra parte, in molti casi in cui dipendenti transitavano verso amministrazioni più “povere” queste hanno dovuto comunque garantire in qualche modo il mantenimento delle condizioni precedenti. Anche di questi nodi si dovrà occupare la squadra di Cottarelli.
Luca Cifoni
Cottarelli, le disparità e la revisione della spesa. Il pubblico impiego pagherà ancora?
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