Nelle recenti riforme scolastiche che hanno visto la nascita del Liceo Made in Italy, il panorama educativo italiano è stato oggetto di intense discussioni e riflessioni. Un aspetto in particolare che ha suscitato sconcerto e disapprovazione è l’organizzazione dell’orario in particolare di alcune materie fondamentali, un fatto che non è sfuggito all’occhio attento di molti studenti e docenti.
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Tra le materie coinvolte in questo dibattito, spicca la Storia dell’Arte, relegata a un modesto slot di una sola ora settimanale. L’entusiasmo degli studenti, inizialmente elevato per l’inclusione di questa disciplina, si è trasformato in una smorfia di incredulità quando hanno realizzato quanto poco spazio le fosse stato dedicato.
Ma non è finita qui. L’accostamento di Geografia e Storia ha sollevato interrogativi sulla coerenza del percorso educativo, formativo ed efficace. L’unione di queste due materie così distinte ha portato molti a chiedersi se ci troviamo di fronte a una seria proposta didattica o piuttosto a un gioco delle tre carte.
L’amarezza emerge soprattutto quando si affronta il discorso sul “Made in Italy” artistico, musicale e paesaggistico. Come può essere che un paese ricco di storia, arte e cultura dedichi così poco tempo a comprendere e apprezzare la propria eredità?
Il lamento si fa più accorato quando si mette in discussione la scelta di rinunciare a un liceo che potrebbe essere considerato un gioiello europeo, per abbracciare un modello più amorfo. La decisione sembra essere influenzata da una sorta di bandierina di Fratelli d’Italia, nata con diversi handicap.
Insomma, emerge chiaramente che la coesistenza di due licei così diversi è un obiettivo difficile da raggiungere. Forse la mancanza di spazio per questo “indefinibile Made in Italy” ha contribuito al fallimento di un progetto ambizioso?
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