Alla cortese attenzione della Redazione,
scrivo per condividere un sentimento che accomuna ormai molti docenti: la stanchezza e la disillusione.
Sinceramente, a me sembra diventata solo una corsa. Una corsa cieca, a ostacoli, senza traguardo. C’è chi corre per titoli, chi per punteggi, chi per età. Io, invece, ho smesso di correre.
Mi sono rassegnata a restare precaria, nonostante dieci anni di servizio sul sostegno. Un’esperienza lunga, intensa, spesso faticosa, ma sempre svolta con dedizione. Eppure, in molte procedure non si tiene conto di questo. L’unico fattore discriminante, alla fine, sembra essere l’età anagrafica.
Ho quasi sessant’anni e, con questa età, non ho certezze. Né tutele, né prospettive. Il criterio dell’età, che dovrebbe tutelare chi ha dato tanto alla scuola e ha accumulato esperienza preziosa, si trasforma invece in un ostacolo.
È profondamente ingiusto che dieci anni di servizio reale, concreto, sul campo – per di più in un ambito delicato come quello del sostegno – vengano considerati meno dell’età. È frustrante che il valore di una persona, di una docente, venga ridotto a un numero su un documento anagrafico.
Chiedo, a nome mio e di tanti altri, che si riapra una riflessione seria e onesta sui criteri di stabilizzazione. Non possiamo continuare a ignorare il merito, l’esperienza e l’impegno profuso negli anni.
Chi lavora nella scuola merita rispetto, non una corsa contro il tempo.
Lettera firmata
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