La legge 107 del 2015 è, a mio avviso, la peggiore normativa introdotta nel mondo della scuola da quando insegno, vale a dire da oltre trent’anni.
La 107, altrimenti nota come la “Buona Scuola” varata dal governo Renzi, ha istituito la deprecabile figura del super-dirigente scolastico, una sorta di “preside-padrone”, ed ha legalizzato la corruzione, il peculato, gli abusi e le malversazioni, esaltando il servilismo al rango di “virtù etica” e a “modus operandi”.
Tale sistema agisce a netto discapito della sovranità collegiale (residuale), della legalità democratica e del diritto.
In tale ottica si spiegano, ma non si giustificano, i vari e molteplici episodi in cui si configurano gli estremi di abusi di ufficio e di potere e persino gli estremi di reati punibili e perseguibili dal codice penale.
“Mega-dirigenti” di presunte o sedicenti “scuole-aziende”, che si percepiscono in quanto “onnipotenti”, ma poi si prostrano al cospetto dei “clienti” (o degli “utenti”) più influenti e facoltosi, come impone ed esige la ferrea legge del mercato o la logica aziendalista.
I clienti-utenti sono alunni e genitori, e mi riferisco ai genitori più potenti ed abbienti che risiedono in un determinato contesto ambientale e sociale nel quale si colloca ed opera un’istituzione scolastica.
Questo è, riepilogato in un’estrema ed esaustiva sintesi, lo stato dell’arte nel mondo della scuola pubblica italiana a partire dall’emanazione della L. 107/2015. Che piaccia o meno poco importa, ma tale è la realtà dei fatti.
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