Roma, 4 febbraio – La riforma del pre-ruolo per i ricercatori universitari sta sollevando un’ondata di preoccupazione nel mondo accademico italiano. A schierarsi contro la misura voluta dal governo sono i ricercatori dell’Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca (ADI), che vedono nella nuova normativa un pericoloso passo indietro per il sistema della ricerca in Italia.
Tra le voci critiche si distingue quella del deputato Antonio Caso, Capogruppo del Movimento 5 Stelle (M5S) in Commissione Cultura, che ha espresso un netto dissenso nei confronti della riforma, definendola “disastrosa”. Secondo Caso, le modifiche introdotte smantellano i progressi compiuti nel 2022 con l’introduzione dei contratti di ricerca, fondamentali per garantire diritti, tutele e stipendi adeguati ai giovani ricercatori.
Una Riforma che Alimenta la Precarietà
L’intento della riforma sarebbe quello di razionalizzare il percorso accademico, ma secondo gli esperti e gli stessi ricercatori coinvolti, il risultato appare l’opposto: una maggiore frammentazione delle carriere e un aumento della precarietà. Le nuove tipologie contrattuali proposte non offrono garanzie stabili e rischiano di rendere ancora più incerto il futuro di chi lavora nella ricerca.
Un altro punto critico è la mancata allocazione di risorse adeguate, che impedisce di rispondere alle reali esigenze del settore. Questo contrasta con gli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che puntava a dare maggiore stabilità a figure fondamentali come quelle dei ricercatori, essenziali per l’innovazione e lo sviluppo del Paese.
Il M5S a Sostegno dei Ricercatori
Il Movimento 5 Stelle si è schierato apertamente al fianco dei ricercatori ADI, promettendo battaglia per contrastare una riforma che potrebbe compromettere il futuro della ricerca italiana. “Non possiamo tollerare che il governo metta in pericolo il futuro della ricerca e dell’innovazione nel nostro Paese”, ha dichiarato Caso, sottolineando la necessità di politiche che favoriscano la stabilità occupazionale e la valorizzazione del capitale umano.
La vicenda è destinata a far discutere ancora a lungo, con il mondo accademico che continua a chiedere soluzioni concrete per garantire un futuro più certo e meritocratico ai giovani ricercatori italiani. Resta da vedere se il governo accoglierà le istanze della comunità scientifica o se proseguirà sulla strada di una riforma che, secondo molti, potrebbe minare la competitività del Paese nel panorama internazionale della ricerca.
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